I primi risultati della mia ricerca sono stati pubblicati sul n. 61/2020 della Rivista[1]. Un primo aggiornamento è stato ospitato dal n. 62/2021[2] (Vai agli altri contributi). Contando sulla disponibilità della direzione che ringrazio, proseguo nel mio lavoro di indagine presentando ulteriori casi che ho avuto modo di accertare.
Piemonte
Anche dalle Valli Valdesi (Val Pellice, Valle Germanasca e bassa Val Chisone) con 14 comuni nelle Alpi Cozie in provincia di Cuneo, c’è stata emigrazione. Nel 1893 un piccolo gruppo di valdesi provenienti dalla Valle Germanasca ha fondato la cittadina di Valdese che oggi conta circa 5 mila abitanti, nella contea di Burke nel North Carolina. Usciti dalle strette valli piemontesi altri valdesi hanno saputo far prosperare, nello stesso periodo, sei colonie in Uruguay (Valdense, Cosmopolita, Artilleros, Riachuelo, Ombues de Lavalles e Nieto) superando continue difficoltà ed offrendoci un esempio di ben riuscita colonizzazione[3].
Come risulta dalla tabella pubblicata nel mio primo articolo[4], sono più di 2 milioni i migranti partiti dal Piemonte tra il 1876 e il 1976. Si è di recente calcolato che i piemontesi e gli oriundi che vivono all’estero sarebbero oggi circa 6 milioni, la metà dei quali si troverebbero in Argentina meta di destinazione molto importante per la regione soprattutto nella prima fase dell’emigrazione italiana (negli anni dal 1876 al 1915). Sono stati individuati 59 gemellaggi tra comuni piemontesi e città argentine, 23 dei quali coinvolgono comuni della provincia di Cuneo: di questi ultimi 15 riguardano centri abitati della provincia di Córdoba e 8 località della provincia di Santa Fe confinante con quella di Córdoba. A testimonianza dello stretto rapporto che si è creato tra i migranti provenienti dalla provincia di Cuneo con quella di Córdoba, segnalo tre gemellaggi: quello del comune di Caraglio con Laboulaye, quello di Caramagna Piemonte con Alicia e quello di Revello con Pozo del Mollo[5].
Un caso singolare è quello del comune di Avigliana nella provincia di Torino. Nel 1888 due piemontesi di questo comune, Modesto Gallo, falegname e Ferdinando De Matteis, muratore, giunsero in Sudafrica portando con sé cinque casse di dinamite[6]. Con la collaborazione di un connazionale lombardo aprirono una fabbrica dedita alla produzione di dinamite. “La scoperta di numerose miniere d’oro nella zona di Witwatersrand (Johannesburg) aveva infatti provocato l’affermarsi di un redditizio mercato della dinamite, indispensabile all’epoca per penetrare nel sottosuolo aurifero. A due anni dell’apertura della fabbrica, arrivarono nel Transvaal per lavorare sei ragazze di Avigliana, ingaggiate dalla proprietà per avvolgere la dinamite nella carta paraffina e darle la forma definitiva. Nel giro di qualche anno esse furono raggiunte da altre venticinque ragazze che si stabilirono nella zona lavorando sempre per la fabbrica di esplosivi. Tra il 1890 e il 1897 diciannove operaie si sposarono con altri connazionali, dando inizio alla formazione di una piccola comunità avigliese”[7].
Valle d’ Aosta
Se prima del 1915 colonie valdostane sono sorte a New York, Chicago, in alcune contee del Colorado e nella Napa Valley, in California, tra il 1921 e il 1939 si è registrato l’arrivo nella regione di 30 mila immigrati veneti e la partenza di altrettanti valdostani. Dopo la chiusura delle frontiere da parte degli Stati Uniti, come ho già precisato, particolare è stato l’esodo di numerosi giovani che, favoriti dal bilinguismo, si sono trasferiti nella regione parigina (Aubervilliers, La Courneuve e Lavallois-Perret). Quest’ultimo comune dell’Hautes-de-Seine, che confina con il XVII arrondissement di Parigi, è ricordato come il più popoloso comune valdostano al mondo per il gran numero di emigrati e di discendenti di emigrati che lo abitano[8].
Veneto
Nel primo aggiornamento ho riservato attenzione al trasferimento di migranti bellunesi in Brasile. Ho segnalato alcuni gemellaggi di comuni della provincia con città brasiliane. Ho citato, fra gli altri, quello del comune di Longarone con la città di Urussanga dove la comunità bellunese celebra ogni anno la Festa del Vino (“Ritorno alle origini”). Segnalo ulteriormente che il piccolo comune di Soverzene (con poco più di 300 abitanti), confinante con Longarone, ha recentemente stretto un “patto di amicizia” con Cocal do Sul, centro abitato che è stato costituito con una porzione di territorio staccata da Ussuranga. La specificità di queste aree sta nel fatto che i nostri emigranti non si sono inseriti in comunità già formate ma hanno contribuito in modo determinante alla nascita dei centri abitati che si andavano costituendo. Oltre ad Urussanga, Caxias do Sul e Cocal do Sul, già segnalate, sono sorte Criciuma, Nova Treviso, Nova Venezia, e Nova Belluno (oggi Sideropolis)[9].
Torno sul gemellaggio celebrato nel 1982 tra il comune di Segusino e la cittadina di Chipilo in Messico fondata nel 1882 da una cinquantina di famiglie segusinesi, solo per riferire che nel maggio del 2021 l’ambasciatore messicano in Italia, Carlos Eugenio Garcia de Alba Zepeda, ha visitato il comune del trevigiano dichiarando che il forte legame di fratellanza, amicizia, unione e solidarietà fra le due comunità continua ad essere vivo[10].
Essendomi occupato nel primo articolo dell’infelice inserimento di migranti sardi nello stato di Minas Gerais, sempre in Brasile, osservo ancora che, almeno in una prima fase, tale risultato negativo si è ripetuto per i migranti che partiti dal Polesine dopo l’alluvione del 1882 si sono diretti verso gli stati brasiliani di Minas Gerais e Paraná (è stato il comune di Villadose, in provincia di Rovigo, quello con il maggior tasso di emigrazione pari a oltre il 25 per cento della popolazione)[11].
Nello stesso articolo mi sono soffermato sull’insediamento in Croazia, a Plostina, di migranti veneti del bellunese. Aggiungo che, sempre a partire dal 1880, altri migranti veneti provenienti da Orsago, Conegliano, Cordignano, Godega di Sant’Urbano, Villorba (provincia di Treviso), da Asiago (Vicenza) e da Mirano (Venezia), attratti dalla possibilità di trovare della terra da coltivare, si sono ad essi uniti stabilendosi nella stessa area (a Lipik e Pakrap nella regione di Požega)[12].
Friuli-Venezia Giulia
Alla vicenda migratoria appena ricordata (il flusso di migranti veneti in Croazia negli ultimi due decenni dell’Ottocento), si sono associate, come confermano i riferimenti bibliografici da ultimo citati, famiglie contadine provenienti da Tolmezzo (Udine) e da Erto e Casso, Caneva, Sacile, Polcenigo e Aviano (nell’attuale provincia di Pordenone).
Emilia-Romagna
Nel 1948 è maturato un progetto industriale che ha portato la ditta Borsari di Bologna ad impiantare macchinari a Ushuaia nella Terra del Fuoco. L’obiettivo, per il quale sono emigrati dal nostro paese centinaia di operai reclutati per lo più sulla piazza del capoluogo emiliano, era quello di realizzare infrastrutture e progetti per conto della Base Navale presente nella città. I risultati sono stati piuttosto deludenti anche se le idee progettuali hanno costituito un momento importante per lo sviluppo della Terra del Fuoco nella quale si conservano i segni della colonizzazione italiana. Se in precedenza gli italiani giunti in Argentina avevano trovato un paese quasi vergine ed in un momento di durevole espansione economica, quelli che lo hanno raggiunto nel secondo dopoguerra hanno trovato una situazione radicalmente differente.
Alcuni dei nostri migranti hanno trovato lavoro negli enti governativi o hanno iniziato un’attività in proprio, altri si sono recati in aree meno deserte dell’Argentina. Solo pochi hanno fatto ritorni in patria[13].
In un libro recentemente pubblicato viene raccontata la storia migratoria del centro romagnolo di Meldola che è stato il punto di partenza, fin dall’ultimo decennio dell’Ottocento, di una tipica catena migratoria che ha avuto come destinazione il Connecticut negli Stati Uniti, nello specifico la contea di Litchfield, un’area che per molti versi poteva vantare caratteristiche simili alle zone collinare e pedemontane del forlivese. Figura di spicco di questo flusso è stato Francesco Fabbri che nei primi anni del Novecento aveva costituito un’impresa di costruzioni garantendo lavoro ai migranti di Meldola. “La solidarietà tra compaesani, opportunità di impiego e strategie matrimoniali tra i figli e le figlie degli immigrati garantirono lo sviluppo di una stretta rete di vincoli. Essa era tanto estesa nella terra di origine quanto nella cittadina di approdo a Litchfield in un intreccio di relazioni tra meldolesi che fino alla seconda generazione di emigrati passò anche attraverso una precisa strategia matrimoniale tra compaesani”[14].
Toscana
Il comune di Anghiari è gemellato dal 1998 con La Plata, capoluogo della provincia di Buenos Aires, per ricordare l’emigrazione, soprattutto nel secondo dopoguerra, di suoi abitanti e di aretini dei dintorni nella città argentina[15].
Lazio
Ad alimentare le partenze dalla regione sono stati soprattutto i comuni della provincia di Frosinone e, con un peso minore, quelli della provincia di Latina. È perciò su talune realtà comunali di queste due province che mi soffermo per questo secondo aggiornamento. Condivido il giudizio di chi ha sostenuto che “l’emigrazione ha giocato un ruolo fondamentale nella storia economica della regione. Nel corso dei secoli si sono formate tra il Lazio e i paesi di emigrazione numerose catene migratorie, che hanno creato una fitta rete di rapporti economici tra i paesi, le valli e intere province del Lazio e le zone in cui gli emigranti si sono via via stabiliti”[16].
All’inizio del Novecento migranti di Patrica si sono insediati ad Aliquippa, contea di Beaver in Pennsylvania. Il 16 agosto di ogni anno i loro discendenti celebrano la festa di San Rocco, santo protettore di Patrica, per sentirsi più vicini alle loro origini. Negli stessi anni migranti partiti da Veroli, sempre in provincia di Frosinone, hanno creato una piccola comunità a Elisabeth, nel New Jersey[17].
Il comune di Picinisco, che il 19 agosto celebra la festa dell’emigrante, ha alimentato nella seconda metà degli anni Settanta dello scorso secolo un importante flusso migratorio verso l’estero. Tra il censimento del 1961 e quello del 1981 la sua popolazione è scesa da 2.157 a 1.288 abitanti. A partire dal 1973 una rilevante presenza dei suoi migranti (più di 200) è stata registrata nella Little Italy che si è formata a Grassmarket nel centro storico della città di Edimburgo in Scozia. “Il processo di migrazione in Gran Bretagna non sembra molto dissimile dai modelli individuali individuati nelle migrazioni transoceaniche degli inizi del secolo. Analogie emergono per ciò che concerne lo spostamento a catena del singolo e quasi dell’intero paese, la solidarietà di gruppo nonché la riproduzione di atteggiamenti e di comportamenti quali il particolarismo dei valori culturali”[18].
Da ultimo segnalo per la provincia di Latina i due comuni di Sonnino e Sezze dai quali due piccoli gruppi di migranti sono partiti per una meta assai lontana, l’Australia. Si sono imbarcati a Napoli nel 1952 con un contratto che garantiva loro un lavoro nelle ferrovie come manovale o engine-cleaner. I migranti di Sonnino si sono stabiliti a Melbourne, quelli di Sezze sono invece sbarcati sulla costa occidentale a Freemantle. Questi ultimi, assunti nelle ferrovie (vivevano in tende lungo la strada ferrata), scelsero inizialmente la città di Northam come luogo per i loro incontri. Trasferitisi poi a Perth dove trovarono nuove opportunità di lavoro, si servirono degli Italian Clubs per mantenere i contatti fra loro secondo la tradizione italiana[19].
Molise
“Si stima che in Canada vivano circa 200 mila persone di origine molisana. I nuclei più consistenti risiedono nei centri di Toronto e Montreal, rispettivamente nelle province canadesi dell’Ontario e del Québec. A Toronto predominano i molisani dell’Alto Molise, mentre a Montreal vi è una certa preponderanza di molisani provenienti dal Basso Molise”[20].
Con riferimento ai molisani di Montreal merita di essere segnalato il caso del comune di Santa Maria del Molise, che dal 1970 fa parte della provincia di Isernia. Questo comune montano ha vissuto una drastica emorragia demografica soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo. Lo certificano i risultati censuari con la popolazione residente che passa dai 1.833 abitanti del 1951 ai 632 del 1981. Oggi vivono nella grande area di Montreal circa 2 mila sanmarianesi di nascita o di origine che hanno creato una piccola comunità (ha dato vita all’Associazione di Fraternità di Santa Maria del Molise)[21].
Tra le mete transoceaniche un posto di rilievo ha avuto – come ho già avuto occasione di precisare – l’Argentina. Un significativo insediamento di migranti, provenienti dal comune di Ripalimosani con il collaudato meccanismo a catena, si è avuto nella Pampa gringa, precisamente a Rosario, tra fine Ottocento e inizio Novecento. “La singolarità è che i nuovi arrivati, per iniziativa di uno dei pionieri, Luca Vitantonio, si sono concentrati nel settore della panificazione, nel quale hanno raggiunto un ruolo di rilievo che si è rinnovato con gli apporti della seconda ondata migratoria”[22]. Un altro punto di polarizzazione dei molisani in Argentina si è avuto agli inizi del ventesimo secolo sulla costa atlantica, a Mar del Plata, ad opera di migranti provenienti dai comuni di Trivento, Duronia e, soprattutto, Mafalda.
Puglia
Nei primi anni del Novecento un nutrito gruppo di migranti (alcune centinaia) partiti dal comune di Roseto Valfortore, in provincia di Foggia, che fa oggi parte del club “I borghi più belli d’Italia”, ha raggiunto gli Stati Uniti dove, per ricordare il paese d’origine, ha fondato il borough di Roseto nella contea di Northampton in Pennsylvania[23]. Inizialmente sono stati impiegati nelle locali cave di ardesia e va al riguardo ricordato che nel comune foggiano è stato storicamente notevole il settore dell’estrazione e della lavorazione della pietra arenaria. Nel secondo dopoguerra è ripreso il flusso migratorio, questa volta diretto soprattutto verso il Canada. La popolazione residente di Roseto Valfortore che al censimento del 1901 superava i 5 mila abitanti, attualmente è sotto quota mille.
Basilicata
Situato nell’entroterra della costa tirrenica lucana, nel mezzo dell’appennino lucano, il comune di Trecchina, in provincia di Potenza, è gemellato dal 1963 con la città brasiliana di Jequié, nello Stato di Bahia, che oggi conta più di 150 mila abitanti. Tra il 1884 e il 1903 vi si sono stabiliti migranti provenienti da Trecchina e da altri comuni del circondario di Lagonegro.
Singolare la vicenda di Maratea, altro comune dello stesso circondario. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento un marateota, il Cav. Cesarino, ricco banchiere e agente consolare in Bolivia, ha dato lavoro a una numerosa colonia di concittadini che si sono insediati a La Paz. Solo fra il 1893 e il 1896 sono partiti da Maratea, che al censimento del 1881 contava 5.689 abitanti, ben 1.318 migranti[24].
Nei primi cinque anni del periodo della cosiddetta “grande emigrazione” (gli anni dal 1901 al 1915), assai importante è stato il flusso migratorio generato dal comune di Ripacandida, pure questo in provincia di Potenza. Il numero medio dei partenti per anno nel quinquennio è infatti stato di ben 268 persone. In quella che è stata definita “zona delle colline arborate del melfese è stata soprattutto la crisi del settore vinicolo, indebolito anche dal diffondersi della peronospera, e una serie di cattive annate a condizionare la dinamica demografica della zona”[25]. Meta privilegiata per i migranti ripacandidesi è stata la cittadina di Blue Island, nella contea di Cook in Illinois, che dal 2006 è gemellata con il comune italiano sulla base di un accordo, firmato negli USA il 12 agosto (ricorrenza della festa di San Donato, protettore di Ripacandida che viene oggi ricordato anche a Blue Island) in occasione della visita di una nostra delegazione.
Calabria
Migranti provenienti dal comune di Bivongi, facente parte della città metropolitana di Reggio Calabria e gemellato dal 2012 con La Plata, hanno costituito, soprattutto nel secondo dopoguerra, una piccola comunità nella città argentina che festeggia Santa Maria Santissima Mamma Nostra in corrispondenza della sagra che si svolge la seconda domenica di settembre nel paese di origine[26]. Ancora una volta si ripropone il tema delle feste religiose all’estero spesso sentite e riproposte dagli emigranti “come difesa dall’opprimente struttura del produttivismo e riaffermazione della propria identità in una società così estranea alla loro”[27].
Le antiche comunità albanesi in Italia sono in particolare concentrate in provincia di Cosenza. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, da quattro comuni di questa provincia (Terranova di Sibari, Vaccarizzo Albanese, San Demetrio Corone e Santa Sofia d’Epiro) è iniziata una emigrazione sempre più consistente verso l’Argentina che aveva come meta la città di Lujan nella provincia di Buenos Aires. La cultura arbëreshë ha così avuto modo di entrare nel paese sudamericano[28].
Sicilia
“Gli emigranti siciliani di uno stesso centro abitato, anche se partivano in tempi diversi, preferivano concentrarsi all’estero in un’unica località; allo stesso modo nelle grandi città del continente americano si venivano addensando quartieri che s’identificavano con gli originali paesi d’immigrazione”[29].
Come sto evidenziando nella ricerca che sto portando avanti, questo “legame” riguarda tutte le aree del nostro paese. Il contributo della Sicilia è stato importante soprattutto fra il 1901 e il 1915 (1.126.513 partenze su un totale di 8.769.749 la collocano al primo posto fra le regioni italiane). “Il paradigma della grande emigrazione comprende crisi espulsive e fattori attrattivi esterni, con l’azione potente delle catene di richiamo”[30]. È quanto accaduto con i migranti di Trecastagni, comune della provincia di Catania, che all’inizio del Novecento si sono insediati a Lawrence, nel Massachusetts.
La città di Middletown, nella contea di Middlesex nel Connecticut, ha visto la creazione nel giro di pochi anni di un quartiere denominato Little Melilli, un comune della provincia di Siracusa che agli inizi del Novecento ha alimentato un’intensa catena familiare di emigrazione[31]. Si ritiene che una parte non trascurabile degli attuali abitanti (circa 50 mila) della città americana abbia antenati di origine melillese[32]. Un “gemellaggio” celebra oggi il legame tra la città americana e il comune italiano che negli anni Settanta è diventato un importante polo petrolchimico (la popolazione residente è passata dai 9 mila abitanti del 1971 agli attuali 14 mila).
Di una piccola comunità di nostri migranti (un clan di fratelli e cugini impegnati nel commercio di frutta e verdura) provenienti dal comune di Cefalù, in provincia di Palermo, insediatisi nella cittadina di Talullah in Lousiana, si ha notizia perché molto si è scritto del linciaggio immotivato e feroce di cinque componenti del gruppo[33] (la stessa sorte è toccata negli Stati Uniti a 3.220 neri e a 723 bianchi in buona parte immigrati italiani)[34].
La città canadese di Hamilton (più di 500 mila abitanti) nell’Ontario meridionale ha per tre generazioni ospitato più di 15 mila migranti provenienti dal comune di Racalmuto, in provincia di Agrigento che conta oggi una popolazione di circa 8 mila residenti (pure in questo caso un “gemellaggio” firmato nel 1986 unisce i due centri).
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[3] Cfr. Turn, 1906 e Frescura, 1907.
[6] Fu lo stesso Alfred Nobel, inventore della dinamite, a costruire nel comune uno dei più importanti stabilimenti di produzione della dinamite in Italia.
[7] Cfr. Carlesso, 2009, p.332.
[9] Cfr. Galli e Burigo, 2016.
[11] Cfr. Cavalieri, 1902.
[12] Cfr. Brustolin, 1997 e Klicek, 2005.
[14] Cfr. Ridolfi, 2019, p.29.
[15] Cfr. Comune di Anghiari, 2006.
[16] Cfr. Colucci e Sanfilippo, 2006, p. 116.
[18] Cfr. Chistolini, 1986, p. 30.
[20] Cfr. Narducci, 2020.
[21] Cfr. Massullo, 2006.
[22] Cfr. Lombardi, 2010, p. 38.
[23] Cfr. Dall’Aste Brandolini, 1902 e Bianca, 1974.
[25] Cfr. Lardino, 1989, p. 210.
[26] Cfr. Bentoglio, 2020.
[27] Cfr. Rosoli, 1990, p. 406
[28] Cfr. Bolognari, 2014 e Grillo Mauro, 2017.
[29] Cfr. Barone, 2018, p. 403.
[30] Cfr. Messina, 2021, p. 110.
[32] Cfr. Cunningham Baldwin, 1984.
[34] Cfr. Cfr. Stella, 2002.