Il tema della tavola rotonda, emigrazione ed etnia nelle opere degli emigrati italiani, ha chiaramente implicazioni più vaste di quelle suggerite dal titolo dal momento che si riferisce a un'ampia gamma di attività letterarie che sono state svolte in un arco temporale piuttosto ampio nelle comunità italiane all'estero. Questo intervento si propone di esaminare lo sviluppo dell'attività letteraria tra gli emigrati italiani in Australia1. Per certi aspetti lo sviluppo dell'attività letteraria italiana in Australia segue un modello simile a quello dello sviluppo della letteratura in inglese: una focalizzazione iniziale sulla descrizione dell'ambiente fisico e sociale seguita dalla scrittura creativa. Tuttavia, alcuni elementi di letteratura creativa erano presenti negli scritti inglesi quasi fin dagli inizi (se accettiamo le prime cantate e ballate come parte di questa categoria). Nel caso degli scrittori italiani in Australia c'è un vuoto temporale (le prime registrazioni risalgono al 1840) e si ha un periodo relativamente lungo (fino alla fine degli anni Venti) durante il quale vennero prodotti parecchi resoconti sui vari aspetti dell'Australia (viaggi, ambiente, storia, commercio) nei quali la scrittura creativa costituisce la minoranza. Se, durante questi 70 strani anni, gli immigrati italiani produssero ballate, poesie e altre opere creative, oggi non se ne sa niente. Un tentativo di quantificazione di questo fenomeno è presentato nella tabella, che fornisce dati statistici sulla produzione di lavori di letteratura pura o applicata da parte di nativi italiani residenti in Australia. Tabella. Numero di volumi pubblicati dagli italiani in Australia (indipendentemente dalla durata del soggiorno nel paese). | 1851-1914a | 1928-38 | 1946-66 | 1967-87 | narrativa (romanzi e racconti) | 1 (1)b | 1 (1) | 1 (1) | 18 (11) | teatro | 3 (1) | - | - | 4 (3) | poesia | - | 1 (1) | 15 (9) | 34 (21) | memorie e resoconti | 3 (3) | - | 3 (3) | 3 (3) | biografie | 1 (1) | - | - | 5 (5) | storia/società e viaggi | 4 (3) | 2 (2) | 2 (2) | 17 (16) | geografia e altroc | 1 (1) | 1 (1) | 2 (2) | 22 (23) | antologied | - | 2 (2) | - | 16 (17) |
aA quanto ci risulta nessun volume è stato pubblicato tra il 1788 e il 1840; tra il 1915 e il 1927; e tra il 1939 e il 1945. b Il numero dei volumi è indicato nella colonna di sinistra; il numero degli autori in quella di destra tra parentesi. In alcuni casi i volumi sono opera di più autori. c Comprende trattati religiosi e filosofici, studi, grammatiche e raccolte di corrispondenza, saggi e traduzioni. d Comprende antologie di letteratura italiana (1928-38) e antologie di letteratura italo-australiana (1967-87). Opere italiane in Australia 1851-1914 La maggior parte dei lavori venuti alla luce tra il 1851 e il 1914, con l'eccezione delle poesie e dei lavori teatrali di Raffaello Carboni, riguardano memorie personali, gli aspetti sociali, storici e fisici dell'Australia, le possibilità commerciali con l'Italia e la questione dell'immigrazione italiana nel paese. Questo periodo coincide anche con la pubblicazione del più grande numero di libri procapite, la maggior parte dei quali pubblicata in Italia. Mentre nessuno può essere considerato un best-seller, essi devono indubbiamente aver fornito informazioni sulla nuova terra e sollevato l'interesse dell'emergente classe media italiana. Per quello che riguarda la comunità italiana in Australia, il maggior risultato editoriale durante questo periodo è dato dalla produzione di giornali in lingua italiana a partire dal 1885 che ebbe un ruolo significativo sia perché trattò argomenti di interesse per la comunità, sia perché mantenne i contatti con l'Italia. Dalla prospettiva australiana la pubblicazione più importante del periodo è The Eureka Stockade di Raffaello Carboni2. Inizialmente sospettato di essere una superficiale cronaca di parte, il resoconto dell'incidente Eureka è stato ora rivalutato. Alcune delle opere di Carboni scritte dopo il suo ritorno dall'Australia contengono riferimenti e temi collegati alla sua esperienza australiana. Il melodramma La Santola ha come soggetto l'Australia, una terra di favola e di ricchezze lontane che ciononostante non mantiene le sue promesse3. Gilburnia, un balletto pantomima in otto scene con un «vocabolario antartico», riporta la storia dell'amore di due uomini bianchi per una fanciulla aborigena e fa dei riferimenti all'episodio Eureka. Il protagonista di Schiantapalmi è il professor Nazzareno Schiantapalmi, costretto all'esilio a causa della sua partecipazione all'insurrezione di Roma del 1848-49, tornato in Italia dalle miniere d'oro australiane dove aveva accumulato una modesta fortuna4. Il resoconto dell'esperienza australiana di Nazzareno costituisce uno dei temi centrali della commedia. I personaggi paragonano le passate glorie italiane con le condizioni attuali secondo una visione ideale, tipicamente carboniana del nobile selvaggio di Rousseau che vive una vita semplice in Australia. Il primo libro sull'Australia pubblicato in Italia è probabilmente Memorie storiche dell'Australia di Rudesindo Salvado5. Di quasi 400 pagine, esso fornisce un resoconto esaustivo ed enciclopedico dell'Australia alla fine degli anni 1840, un resoconto che deve aver affascinato i lettori europei del tempo con le sue ampie descrizioni delle genti, dei luoghi e delle cose così esotiche per la loro esperienza. Per i lettori moderni la descrizione della flora, della fauna e degli abitanti della zona della New Norcia (mette persino un glossario in italiano del dialetto aborigeno) è molto efficace e accurata e rappresenta un'importante fonte di informazioni su quegli aspetti dell'habitat naturale e umano che sono oggi scomparsi. Forse l'aspetto più affascinante delle Memorie è il resoconto di Salvado del suo viaggio nell'Australia occidentale, della fondazione e dei primi anni della missione di New Norcia, le sue impressioni di Perth e le sue esperienze nelle foreste dove, all'inizio, condivise la vita nomade degli indigeni ottenendo una profonda conoscenza delle loro abitudini e del loro aspetto. Ferdinando Gagliardi, che risiedette per molti anni a Melbourne, fu un promotore entusiasta dei commerci e dei legami tra i due paesi. Una porzione significativa dei suoi tentativi «promozionali passò attraverso rapporti e lettere, molti dei quali furono pubblicati nella «Gazzetta d'Italia» di Firenze, e successivamente ristampati in volume6. Parecchie di queste lettere trattano di questioni economiche, politiche e commerciali, ma Gagliardi spesso amplia il discorso riportando le sue impressioni della vita nelle colonie. In alcune lettere descrive la piccola comunità italiana che aveva iniziato a formarsi a Melbourne e che annoverava tra i suoi abitanti persone che erano divenute prominenti nella vita culturale della città (il musicista Zelman, il cantante operistico Majeroni e, tra i professionisti, l'ingegnere Checchi). Tra le due guerre Non si hanno volumi pubblicati tra il 1915 e il 1927. Ciò può essere in parte addotto alla guerra, in parte alla natura dell'emigrazione italiana in Australia nei primi trent'anni del secolo. Con l'eccezione di Giuseppe Giliberto, tutti i libri pubblicati tra il 1928 e il 1939 vennero stampati in Italia7. I libri sull'Australia pubblicati da viaggiatori diedero al lettore italiano un'immagine dettagliata e affascinante del paese e in particolare della comunità italo-australiana negli anni Venti e Trenta. Non ebbero, tuttavia, una vasta circolazione. La collezione di racconti di Gino Nibbi venne ben accolta dalla critica italiana. A parte le poesie di Raffaello Carboni e Pietro Baracchi, la produzione poetica degli immigrati italiani in Australia può essere circoscritta, in senso cronologico, a due periodi: 1922-40 e dal primo dopoguerra in avanti. La maggior parte delle poesie scritte negli anni Venti e Trenta mostrano un uso di tecniche molto legate alla tradizione poetica italiana premoderna (odi, sonetti e ballate con rime su modelli tradizionali) e che avevano scarsissimi legami con la poesia moderna italiana allora in voga sebbene riflettessero modelli di scrittura poetica italiana a livello regionale. Vi erano alcune eccezioni come la poesia di stile futurista (con qualche riferimento a Montale) scritta da un autore anonimo che apparve su «Il Giornale italiano» del 26 luglio 1936. Spiegare il conservatorismo della poesia italoaustraliana di questo periodo richiederebbe un'analisi esaustiva che non rientra negli scopi di questa rassegna, sebbene si possa avanzare l'ipotesi che i poeti italiani in Australia tagliati fuori dagli sviluppi della letteratura italiana (in primo luogo dato per scontato che ne fossero in contatto), erano costretti a rifarsi a ciò che avevano imparato a scuola, nel contesto di un ordinamento scolastico che sottolineava gli aspetti tradizionali della cultura italiana. Le poesie in dialetto pubblicate sulla stampa italo-australiana erano relativamente poche rispetto a quelle pubblicate in italiano letterario, sebbene la formazione culturale e artistica della maggior parte degli immigrati in questo periodo fosse basata sulla cultura popolare, sul dialetto, piuttosto che sulle forme dell'alta cultura e l'uso della lingua nazionale. Le tematiche presentate nella poesia italo-australiana, e questo è vero per molta della produzione postbellica, possono essere suddivise secondo quattro categorie principali, più o meno interrelate: 1) i temi personali che possono o non possono comprendere l'immigrazione; 2) il richiamo alle passate glorie italiane; 3) nostalgia per l'Italia; 4) i commenti sui locali (australiani) avvenimenti e abitudini (qualche volta, anche se molto più raramente, commenti sugli eventi internazionali). Un esempio di una poesia che tratta esplicitamente dell'esperienza migratoria è dato da Sbadigli ironici di Porfirio Scotto in cui sostiene che gli italiani hanno dovuto abbandonare l'Italia poiché erano dei poveri mendicanti con poca birra e molta inventiva. Altre poesie, scritte nel clima anti-italiano dell'inizio degli anni Trenta, parlano del rapporto tra gli immigrati italiani e la società che li ospita. Un poeta anonimo ne Il Monito rivolto ai taglialegna italiani di Herbert River, commenta ironicamente che la preferenza nei confronti dei lavoratori italiani è una cosa del passato. Gaetano De Luca, in Dici lu ngrisi, scritta in dialetto siciliano, descrive gli inglesi come vanagloriosi, incapaci di fare alcunché di loro iniziativa, e sospira con nostalgia per la vita grama, ma semplice, lasciata in Italia. De Luca probabilmente emigrò in Australia nel 1910. Fu notato per la sua abilità nello scrivere versi, scriveva spesso in occasione di matrimoni, battesimi e altre occasioni speciali. Le sue poesie, per la maggior parte in italiano, ma qualcuna anche in dialetto, vennero pubblicate regolarmente sulla stampa italiana e rappresentano un campionario di osservazioni e riflessioni sugli eventi di tutti i giorni della vita degli emigrati in Australia - come in I tagliatori della canna, in cui descrive i pensieri e le azioni dei leggendari tagliatori di canna, vere e proprie personalità nella comunità italo-australiana, pensieri e reminiscenze sulla sua terra natale, come poesie di natura più personale. Un altro poeta prolifico fu Giuseppe Giliberto, anch'egli siciliano, che giunse in Australia nel 1926. Lavorò per parecchi anni come dirigente in alcuni giornali italo-australiani. Le sue poesie apparvero regolarmente sulla stampa italo-australiana e toccarono vari argomenti, dall'Harbour Bridge di Sydney ai tagliatori di canna del nord Queensland a Italo Balbo a Carnera. Tra i poeti che pubblicarono sulla stampa italo-australiana in quel periodo troviamo Lino Gras(s)uti, nome d'arte usato da Luigi Strano8. All'inizio le sue poesie erano scritte in uno stile tradizionale su temi collegati alla storia italiana o al suo passato culturale. Ma già nel 1934 la poesia di Strano era mutata significativamente da un punto di vista sia strutturale che stilistico con Giardini bui, e Strano emerse come poeta più moderno, stilisticamente e tematicamente legato a temi che erano socialmente più immediati, una metamorfosi che diede i suoi frutti più maturi nella sua produzione postbellica. La prima collezione di racconti e di resoconti di Gino Nibbi, Il volto degli emigranti, presenta una vasta panoramica sugli italiani e gli australiani durante gli anni Trenta9. Ognuno dei nove racconti e dei tre brevi resoconti di viaggi è ambientato in un posto diverso - otto nel nord Queensland. Nibbi non nasconde la sua avversione per certi aspetti della vita australiana, in particolare il pragmatismo, il materialismo, gli atteggiamenti approssimativi, l'aspetto anti-culturale, un'avversione che viene trasferita nelle considerazioni sugli aspetti similari della comunità italo-australiana che Nibbi esamina con ironia dall'esterno. Sebbene Nibbi si occupi dell'ambiente italo-australiano, il suo interesse principale è osservare e commentare l'Australia e gli australiani. Forse agli occhi del lettore moderno questi racconti possono apparire un po' datati, sia nel linguaggio che nei contenuti. Tuttavia essi presentano una rara prospettiva dalla periferia dell'Australia negli anni Trenta. Ciò che interessa Nibbi sono gli aspetti insoliti, lascivi, complicati della vita in Australia. Nei suoi racconti Nibbi presenta una serie di riflessioni su una società che pudicamente proibisce l'esposizione della nudità nell'arte e la circolazione della letteratura erotica, per giungere a chiedersi quali valori culturali una tale società possa avere. Per Nibbi gli australiani sono anche una razza che ha scarsi sentimenti ed emozioni, fino al punto di considerare gli italiani «troppo emotivi»10. Si tratta di una società che effettua segregazioni - i vecchi vivono separatamente, i malati vengono subito mandati in ospedale, le padrone di casa non informano gli amici dei propri inquilini, nemmeno quando questi sono in punto di morte, come accade all'italo-svizzero Roberti11. La morte di un minatore iugoslavo e la scomparsa, e probabile morte, di un altro nell'impervia regione della Tasmania sudoccidentale, non provocano nessuna interruzione nel lavoro che procede con qualunque tempo e non è mai accompagnata da canzoni come in Italia e negli altri paesi sudeuropei12. In questo racconto, che a volte assume tinte melodrammatiche ma ciononostante resta efficace, Nibbi espone il soggetto del triste e tragico destino del lavoratore immigrato che non ha nessuno che lo rimpiange quando muore lontano da casa. Il testo è intriso dell'assenza di umanitarismo degli australiani e della loro incessante ricerca di beni materiali. Il periodo postbellico Sono di nuovo la guerra e le sue conseguenze che causano un'interruzione dell'attività letteraria. La produzione di libri sembra affiancarsi alla progressiva urbanizzazione degli immigrati italiani. Ne furono pubblicati relativamente pochi negli anni di massima immigrazione, in parte a causa del basso livello di istruzione della maggior parte degli immigrati, in parte perché nei primi anni nel nuovo paese gli immigrati avevano poco tempo da dedicare alla scrittura. Il numero di libri pubblicati è aumentato sostanzialmente durante il periodo 1967-87, in particolare verso la fine, nonostante il declino, in cifre assolute, della popolazione nata in Italia. Infatti nei sei anni tra il 1984 e il 1990 sono stati pubblicati ventun volumi di sola scrittura creativa (poesia, narrativa, teatro) e cinque raccolte. Fino al 1973 la letteratura raccolta in volumi è stata pubblicata esclusivamente in lingua italiana, ma dopo quella data le opere sono state pubblicate anche in inglese. Sei autori hanno pubblicato esclusivamente in inglese, ventiquattro in italiano e tre in entrambe le lingue. Il libro più significativo che ha raggiunto il pubblico non italiano è forse quello di Rosa Cappiello, che è stato stampato nel 1984 nella traduzione inglese ed è stato anche il lavoro letterario accolto meglio dalla critica letteraria in Italia13. Anche in questo periodo, come tra le due guerre, la poesia ha continuato a essere il punto di forza della scrittura creativa degli immigrati italiani in Australia. Dal 1947, ventisette scrittori hanno pubblicato 58 volumi di poesia, mentre molti altri hanno pubblicato i loro lavori in antologie o giornali italiani. La maggior parte dei libri è stata pubblicata a spese degli autori, anche se negli ultimi anni alcuni autori sono riusciti a pubblicare con i contributi del Literature Board. A differenza della narrativa, la poesia degli scrittori italiani in Australia non è necessariamente legata ai temi migratori. In realtà molta di essa si occupa di temi «universali». In alcuni casi, tuttavia, si affrontano le realtà sociali attraverso gli occhi dello scrittore ed è forse questo l'aspetto più caratteristico. Tra i poeti più importanti troviamo Luigi Strano, Mariano Coreno, Lino Concas ed Enoe Di Stefano. Un tratto peculiare della poesia di Strano è il modo incisivo e notevole in cui narra la storia «personale» dell'esperienza migratoria (la nostalgia per la madrepatria, la lenta e sofferta accettazione della nuova terra) universalizzandola per abbracciare quella di tutti coloro che hanno avuto la stessa esperienza. Mariano Coreno affronta i temi universali di amore e morte, la ricerca del significato della vita, la percezione dello scorrere del tempo14. Costretto a vivere lontano dalla sua terra natia, egli trova la felicità solo nei ricordi, nel tempo che ha preceduto l'isolamento dell'esilio. L'Australia non rappresenta una nuova vita, ma la fatalità, distruttiva con la sua melanconia. Nel suo primo volume di poesie Lino Concas parla della nostalgia per la sua terra natale, la Sardegna, e le sensazioni di isolamento ed esilio provocate dalla sua emigrazione in Australia, destinata a rimanere per sempre una terra estranea, poiché non c'è speranza di assimilazione. Questi ultimi temi sono rappresentati in vena più critica nei suoi successivi libri di poesia Ballata di vento e Uomo a metà in cui la terra natia è vista non solamente attraverso gli occhi nostalgici dell'esilio, ma anche nei termini delle condizioni che avevano costretto il poeta a lasciarla15. L'Australia gli è meno estranea proprio grazie alla sua accettazione delle varie manifestazioni della comunità italo-australiana, che Concas descrive in alcuni dei suoi poemi. La poesia di Enoe Di Stefano si sposta anch'essa da un atteggiamento di nostalgia per le coste natie a uno di apprezzamento per la terra adottata. Poetessa particolarmente sensibile, Di Stefano si concentra sull'esame dei sentimenti e dei pensieri prodotti dall'esperienza migratoria, con particolare attenzione a quelli delle donne: l'annullamento del senso del tempo dovuto al viaggio aereo dall'Italia all'Australia; l'estraneità della nuova terra, sia in senso fisico che spirituale; la distanza culturale e di età tra gli immigrati e i loro figli nati in Australia, il rifarsi a luoghi ed esperienze pre-migratori16. Mentre questi elementi costituiscono gli aspetti più salienti dei primi volumi di poesie, il suo ultimo libro analizza il concetto secondo cui anche se il tempo ha indebolito i legami con la terra natia, la realtà del paese adottato per quanto positiva e soddisfacente, non appaga mai appieno i bisogni spirituali dell'immigrato17. Sebbene numericamente meno dei poeti - nove romanzieri nel dopoguerra hanno pubblicato 16 volumi di romanzi e racconti, mentre altri 24 hanno pubblicato i loro lavori su antologie - gli scrittori di prosa sembrano essersi occupati più a fondo dell'esperienza migratoria. La preferenza per la poesia sembrerebbe in parte dovuta a un concetto culturale, rafforzato dal tradizionale sistema scolastico italiano che la poesia è la forma più alta di scrittura creativa, in parte perché per questi scrittori dilettanti è più soddisfacente produrre i testi poetici che sono relativamente brevi, che cimentarsi nell'impresa di lungo periodo che è la scrittura di un racconto o di un romanzo. Inoltre è più facile pubblicare poesie (anche sotto l'aspetto economico) che lavori di prosa. La scrittura di romanzi è stata eterogenea, come il romanzo facile, e per certi versi scontato, di Pino Bosi sull'esperienza dell'arrivo e dell'insediamento di un lavoratore italiano negli anni Cinquanta, e il racconto complesso e di notevole spessore delle esperienze di un'emigrata, di Rosa Cappiello18. Due scrittori di prosa italo-australiani, Nibbi e Cappiello, si sono distinti per aver ottenuto un certo successo in Italia e anche, nel caso di Cappiello, per alcuni riconoscimenti da parte del mondo letterario australiano19. Entrambi gli scrittori sono critici, ironici e incisivi, ma molto differenti nello stile e nella tecnica. Nibbi è un osservatore distaccato che usa uno stile tradizionale, per non dire superato, mentre Cappiello ha un approccio molto soggettivo e il suo linguaggio è carico, impetuoso, aggressivo. Nel complesso della letteratura italo-australiana compaiono entrambi gli approcci. Con poche eccezioni, la narrativa italo-australiana riguarda personaggi e situazioni collegati con l'emigrazione e le sue conseguenze. Si commentano direttamente o implicitamente la società australiana e i rapporti degli immigrati con essa concentrandosi su cinque ampie tematiche: la comunità italo-australiana, l'Italia, le foreste e il paesaggio, le reazioni personali all'emigrazione e il multiculturalismo. Le posizioni rispetto all'immigrazione vanno da un cauto ottimismo (Giuseppe Abiuso) al più nero pessimismo (Valerio Borghese)20. Alcuni scrittori (Bosi) hanno smitizzato i problemi che causa; altri, come Cappiello, hanno riconosciuto le sue dolorose conseguenze, le delusioni, le perdite, la solitudine, la disperazione. Elementi autobiografici sono fortemente presenti, sebbene Cappiello riesca ad andare oltre la sua immediata esperienza personale per toccare gli aspetti universali della condizione umana. Si ha una tendenza generalizzata a scrivere troppo profusamente, tendenza di cui è vittima Nibbi ma non Cappiello, e le strutture e le tecniche non sono a volte solide, quasi sempre conservative. Molti apprezzano gli aspetti naturali del nuovo paese ma pochi si avventurano a scrivere oltre i confini della città. Ancora meno (Andreoni) elaborano teorizzazioni sull'Australia multiculturale21. La messa in scena di commedie italiane (in particolare Verga, Pirandello, De Filippo e Dario Fo) ha costituito una caratteristica regolare delle attività culturali italiane da almeno trent'anni. Solo negli ultimi dieci anni i dilettanti e le compagnie teatrali hanno cominciato a includere nei loro repertori testi di autori locali, specialmente a Melbourne. Il solo caso di rappresentazione di una commedia di un autore italo-australiano da parte di una compagnia australiana è Victoria Market di Nino Randazzo (tradotta in inglese da Colin McCormick), che è stata adattata e messa in scena da Tony Mitchell a Canberra durante l'Australian National Playwright's Conference nell'aprile del 1986. Sebbene commediografi come Nino Randazzo e Osvaldo Maione siano stati molto prolifici, sono disponibili poche commedie italo-australiane pubblicate22. Di solito concepite come commedie o farse, il tema ricorrente è quello del contrasto culturale, sociale e linguistico tra il vecchio mondo degli immigrati italo-australiani da una parte e la società ospitante dall'altra. Alla fine degli anni Cinquanta i primi libri in prosa che iniziano a comparire non sono romanzi, ma resoconti delle esperienze degli scrittori in quanto immigrati, o prima di giungere in Australia. Curiosamente rappresentano il revival di un genere che, come abbiamo detto prima, era particolarmente in voga tra gli scrittori italiani in Australia alla metà dell'Ottocento (intenti a descrivere il nuovo ambiente) ma che si era successivamente esaurito. I vari racconti dell'Australia prodotti da scrittori negli anni Venti e Trenta erano scritti da viaggiatori e non da immigrati. La nuova serie di memorie sono costituite da resoconti personali di immigrati, come Italians as They Are di Giuseppe Luciano e A Migrant's Story di Osvaldo Bonutto23. Essendo vissuti una trentina di anni in Australia, hanno sentito il bisogno di scrivere delle proprie esperienze. Inizialmente si trattava di scritti di persone che avevano raggiunto un certo successo materiale, solo molti anni più tardi, ad esempio con la pubblicazione di With Courage in Their Cases, si avranno testimonianze dirette, ancorché mediate, dell'esperienza lavorativa degli immigrati24. Esempio di autobiografia scritta da un italo-australiano di seconda generazione è Against the Tide di Bartholomew Santamaria25. Santamaria è nato in Australia (Brunswick, Victoria, 1915), e sebbene abbia cercato di nascondere le sue origini etniche è stato, in passato, citato come esempio di figlio di immigrati italiani che «ce l'ha fatta» in questo paese. Egli parla poco in maniera esplicita delle sue origini etniche eccetto nel primo capitolo quando racconta le origini dei suoi genitori. Provenivano dalle isole Eolie e infatti Santamaria venne battezzato in onore di San Bartolo (Bartholomew), il santo patrono di Lipari. Santamaria racconta brevemente, ma con toni ammirati, della parsimonia, del duro lavoro e dell'attaccamento alle tradizioni quali lo spirito di indipendenza tipico degli eoliani, l'individualismo, la cucina, l'unità familiare, l'attaccamento alla chiesa cattolica. Egli afferma altresì che la famiglia dei suoi genitori, e la base sociale dalla quale essi provenivano, ebbero un'influenza molto importante nella sua vita (fra altre cose possiamo ricordare il suo apprezzamento per gli spaghetti preparati in casa dalla madre, un piatto ricorrente nel pranzo domenicale, che «was probably more nutritious than fish and chips, and mince»)26. Un tale retroterra non può essere dimenticato nel valutare sia la persona sia le sue azioni, dal momento che le isole costituiscono un'area politicamente conservatrice estremamente legata alla chiesa cattolica e alle sue tradizioni. Questa influenza «etnica» unita a quella australiana-irlandese cattolica ricevuta durante la sua educazione e i suoi successivi contatti con l'arcivescovo Mannix, si dovevano dimostrare un fattore determinante nelle successive attività del Democratic Labor Party (DLP). Nonostante gli venissero offerte posizioni di rilievo nel governo perché restasse nell'Australian Labor Party (ALP), Santamaria seguì le sue convinzioni e la creazione del DLP sarebbe stata un fattore primario nel tenere lontano dal governo, a livello federale, l'ALP per ben 23 anni (1949-72). Un altro aspetto delle opere di memorialistica e di ricordi sono i resoconti pubblicati in occasione degli anniversari delle istituzioni della comunità italiana in Australia come circoli e associazioni, ordini religiosi e istituzioni27. Talvolta questi resoconti possono essere oggetto di polemica, come nel caso della storia della Federazione Cattolica Italiana28. Emigrazione ed etnia nella letteratura italo-australiana Nell'ambito della storia letteraria dell'Australia, l'emigrazione e l'etnia costituiscono topoi ricorrenti se non altro perché il quinto continente è stato formato e si è sviluppato attraverso l'immigrazione di persone provenienti da molti paesi diversi per cui non pochi scrittori australiani trattano il senso di distacco scaturito dal viaggio dall'Europa verso l'Australia, le sensazioni provocate dall'ambiente e dalla società del nuovo paese e il senso di «estraneità» che tali esperienze comportano. Tali temi vengono trattati non solo nella letteratura anglo-australiana ma anche nelle letterature, più recenti, prodotte da scrittori provenienti da paesi non anglofoni mentre l'etnia, spesso nei suoi aspetti militanti, costituisce tema dominante della letteratura, anch'essa recente, di scrittori aborigeni. In questo contesto si può constatare la presenza di un elemento etnico «italiano» sia nella letteratura anglo-australiana sia in quella italo-australiana. La tematica relativa all'emigrazione e all'etnia, pur occupando una posizione centrale nella produzione letteraria anglo-australiana, viene presentata dal punto di vista del gruppo dominante inglese che, per tutta una serie di motivi storici e sociali, assorbe in gran parte anche l'esperienza del gruppo irlandese. Fino ad epoca molto recente quella degli altri gruppi «etnici» non veniva riconosciuta dalle istituzioni culturali del paese quando proposta da scrittori appartenenti a tali gruppi, oppure era considerata marginale quando trattata da scrittori appartenenti al gruppo dominante. È un dato significativo che nell'History of Australian Literature di H.M. Green, che tratta della storia letteraria dell'Australia fino agli anni Sessanta, risultino solo due nomi italiani: Raffaello Carboni e Velia Ercole29. Nel caso del primo vengono espressi forti dubbi sul valore letterario delle sue opere, mentre la seconda, essendo nata in Australia, è considerata scrittrice prettamente australiana. Non molto migliore l'Oxford Companion to Australian Literature (1985), che a Carboni e Ercole aggiunge Cappiello e Andreoni, la prima per il dibattito serrato e controverso suscitato dalla pubblicazione della traduzione inglese del romanzo Paese fortunato, il secondo per una certa curiosità provocata da uno scrittore italiano che tratta del deserto e della steppa australiana. La tematica «italiana» nella letteratura anglo-australiana viene divisa in due categorie ben separate e distinte: l'immagine australiana dell'Italia, che ha inizio con il melodramma «siciliano» di David Burn Loreda del 1828 e continua nelle opere di scrittori come Hal Porter, Martin Boyd, Morris West, Desmond O'Grady e David Malouf; la presenza di immigrati come personaggi in tutta una serie di opere narrative e teatrali30, cominciando, come esempio più cospicuo anche se non il primo in ordine di tempo, da They're a Weird Mob («Che gente strana! ») di Nino Culotta (pseudonimo di John Patrick O'Grady)31. They're a Weird Mob è un romanzo umoristico in cui il protagonista, emigrando in Australia, viene trasformato da giornalista di lingua italiana, educato e che beve il vino, in un aiuto muratore che assume tutti i tratti caratterizzanti l'australiano tipico compresi il linguaggio poco elegante e una marcata preferenza per la birra. La tendenza a presentare lo stereotipo dell'italiano immigrato si riscontra anche in altri scrittori - l'unica eccezione di rilievo è Judan Watan - per cui tale personaggio è generalmente un tipo comico, operaio o contadino, povero o arricchito, talvolta analfabeta, bravo a cantare O sole mio, disposto alle avventure amorose, ma pigro e incosciente. Se da un lato l'Italia per l'intellettuale australiano è il paese delle grandi tradizioni culturali soprattutto nell'arte e nella musica, dall'altro l'italiano che emigra in Australia è una cosa del tutto diversa. Gli scrittori italo-australiani sono portati alla creazione del personaggio stereotipo australiano, fiacco, poco fantasioso e dedito alla birra. Nelle loro opere l'emigrazione e l'etnia assumono una prospettiva italo-australiana e l'essere italiano non assume quei connotati negativi che si riscontrano nella letteratura anglo-australiana. Per gli scrittori italo-australiani, l'italianità in Australia può assumere tanti e vari aspetti che vanno dalla promozione dell'alta cultura italiana da parte di Gino Nibbi (il quale però non vede tanto di buon occhio le manifestazioni della cultura popolare) all'elogio di certi aspetti della cultura popolare italo-australiana articolato da Pino Bosi nel suo romanzo Australia Cane32. Per Nibbi l'immigrato italiano colto e storicamente consapevole, può dare un valido contributo allo sviluppo intellettuale dell'Australia, paese notoriamente carente per quanto riguarda la cultura. Nel caso di Cappiello la presenza etnica italiana significa un incivilimento sui generis degli australiani, considerati rudi e poco educati: «Io contribuisco assieme alla massa emigrata a civilizzarti, ad aprirti la visuale che non va più in là della punta del nasone... Ti insegno a mangiare, a vestire, a comportarti e soprattutto a non ruttare nei ristoranti, nei treni, nei bus, nei cinema, nelle scuole»33. Per Bosi le usanze e gli atteggiamenti che sorgono in seno alla collettività italo-australiana costituiscono l'elemento che la distingue e che allo stesso tempo la difende dal processo assimilativo e dalla perdita di un'italianità riproposta nel contesto australiano. L'italiano in Australia quindi riafferma certi aspetti della propria identità culturale, come la festa paesana del santo patrono, anche se soggetta a qualche adattamento, e ridimensiona certi altri, come il ricordo delle proprie esperienze belliche nel contesto dell'Anzac Day. Un elemento caratterizzante questa italianità nelle opere di Bosi viene costituito dal benessere conquistato dagli immigrati. Difatti i suoi personaggi, come quelli di Di Stefano, hanno lasciato un'Italia povera e neorealista per cercare altrove una vita migliore in senso materiale. In questo si trovano d'accordo con l'immagine che l'Australia ha dell'etnia italiana - gli italiani hanno molto contribuito all'economia australiana come lavoratori e nella piccola imprenditoria per cui sono bravi cuochi, giardinieri e fruttivendoli ma viene negata loro qualsiasi altra dimensione umana e culturale. È questo un aspetto dell'etnia italiana che non viene messo in rilievo da altri scrittori italo-australiani, quasi che si rifiutasse l'immagine del successo materiale tenendo conto dei duri sacrifici che è costato, del fatto che non tutti gli immigrati italiani sono stati così privilegiati (come Abiuso fa graficamente notare, non mancano i casi di povertà e di miseria). E anche perché l'italiano in Australia può avere altre aspirazioni ed esigenze oltre a quelle legate all'aspetto economico. Ma l'etnia italiana può manifestarsi anche in altri modi, come fa presente Pietro Tedeschi quando descrive la contestazione avvenuta al campo di smistamento di Bonegilla nel 1952 per protestare contro il razionamento del pane che veniva preferito allo stufato di montone. La dignità di questi personaggi, che pur provengono dall'esperienza bellica e da ambienti assai modesti, li porta a rivendicare un diritto basilare, non solo gastronomico, ma anche culturale: «...in their suitcases they did not carry only misery and bitterness. They took with them their newly acquired self-respect. That same self-respect and dignity which had awakened that day, reaching the eucalyptus tops with the notes of their song»34. I racconti di Charles D'Aprano trattano non solo l'esperienza dell'emigrante e i problemi che ne possono scaturire ma anche la seconda generazione e la cosiddetta «crisi d'identità», la questione della cultura italo-australiana e il modo in cui gli australiani vedono l'Italia35. Tre racconti sono capitoli del romanzo autobiografico The Swallow («La Rondine»), tuttora inedito. Il protagonista, Stefano Romano, ha tredici anni quando accompagna il padre Armando in Australia nel 1937. Armando resta legato ai costumi e alle tradizioni italiani laddove Stefano, che cambia il nome in Bill (Guglielmo), assume atteggiamenti e usanze australiani: impara l'inglese, si arruola nell'esercito australiano durante la guerra, sposa una ragazza australiana. Tutte cose che portano a contrasti con il genitore. Con il passar degli anni, i due riescono ad assumere posizioni di reciproca accettazione e comprensione, ma è Stefano che cambia il proprio modo di pensare. Si rende conto che, nonostante il tentativo di «diventare australiano», non può dimenticare né le origini italiane, né la relativa base linguistica e culturale. Tale posizione viene confermata a mano a mano che gli è possibile visitare il paese d'origine e prendere atto della realtà italiana. Di conseguenza Stefano, dopo un lungo periodo passato nel dubbio e nel conflitto tra carattere «australiano» e quello «italiano», va orgoglioso sia del paese d'origine che del paese di adozione. Nasce così un nuovo Stefano-Bill, persona di due mondi e di due culture che, come la rondine, può spostarsi facilmente da un emisfero all'altro: «No, I haven't changed really. And yet in some ways I have changed. I suppose there was a time when I was Italian and refused to be anything else. And then there was a period when I was the all-assimilated Australian. Now I have a much better idea of what I am. I am much more willing to accept my dual cultural heritage and my place in the world»36. Un elemento importante della tesi di D'Aprano, ripreso anche da altri scrittori, è che l'immigrato non è una tabula rasa come ritengono certe posizioni assimilazioniste australiane. Il suo passato, espresso attraverso gli elementi della propria etnia, anche se modificato talvolta radicalmente dall'esperienza dell'emigrazione, condiziona il suo presente al punto che l'immigrato non può diventare completamente australiano anche se desidera partecipare con piena consapevolezza alla vita del nuovo paese. Sorge la questione dell'identità, proposta sia a livello individuale che collettivo, trattata non solo da D'Aprano, ma anche da Abiuso e Andreoni. Nel contesto australiano come può il singolo immigrato, come pure la collettività a cui appartiene, ridimensionare la propria etnia per raggiungere un equilibrio tra passato e presente? È una questione che non ammette facili soluzioni anche perché l'etnia può avere il suo peso in tante cose della vita, dall'ambiente familiare alla partecipazione (o meno) degli italiani alla società australiana, come la politica. Il tema dell'identità culturale viene proposto anche dagli scrittori della seconda generazione, arrivati in Australia in tenera età o nati in questo paese: Flavia Ursino, Susan Basili, Gary Catalano, Glen Tomasetti, Nadine Amadio (che ripropone la favola di Orfeo, riscrivendola in chiave moderna, partendo da elementi tratti dalla tradizione classica e da quella rinascimentale italiana). Costoro, figli d'italiani, di formazione australiana, pur scrivendo in inglese - anche se nella poesia c'è una certa tendenza, non molto pronunciata, a scrivere in italiano - e sulla via d'inserimento nell'ambito della letteratura anglo-australiana, non perdono completamente di vista quella diversità culturale (il carattere latino estroverso, la dignità personale, la visione «italiana» della società) che è alla base delle loro origini, delle diverse tradizioni che stanno trasformando la vita culturale del quinto continente. Il maggiore rappresentante è forse Gary Catalano che, come altri scrittori della seconda generazione, ha ottenuto dei riconoscimenti da parte delle istituzioni letterarie del paese. Nato a Brisbane nel 1947 da padre italiano, Catalano è noto soprattutto come critico d'arte, avendo pubblicato vari studi sull'arte australiana. Ha pubblicato inoltre tre raccolte di poesie e una di narrativa. L'opera letteraria di Catalano, caratterizzata dall'eleganza stilistica e dal modo di pensare vivace e provocatorio, comprende, soprattutto nella prima raccolta, anche una serie di riferimenti alle radici italiane, attraverso il ricordo dell'infanzia e della giovinezza, del genitore e dei parenti italiani. In particolare la figura evocativa del nonno, contadino alle falde dell'Etna che ha passato settant'anni in un rapporto viscerale con la terra e che viene ricordato dal fanciullo, ancora ignaro della sua italianità, per l'orto tenuto con cura e per «il mento / piccolo e barbuto e salato / l'odore del vecchio / ad agio tra vermi e formiche»37. Tra i narratori che non hanno ancora pubblicato libri vanno menzionati Ugo Rotellini, Archimede Fusillo e Vic Caruso i quali scrivono sul contrasto culturale, sociale e psicologico tra la passata e la nuova generazione, tra il vecchio paese e il nuovo. I legami e l'unità familiari, altro elemento caratteristico e positivo dell'etnia italiana secondo gli australiani, possono anche pesare quando i figli desiderano una maggiore libertà. Per i figli affermare la propria indipendenza, raggiungere una certa libertà d'azione, spesso vuol dire ribellarsi, più o meno apertamente, a una certa tradizione familiare. Al divario generalmente va aggiunto quello culturale che esiste tra i modi italiani dei genitori e gli atteggiamenti australiani dei figli. Così Rotellini scrive sui problemi che sorgono quando i genitori insistono sulla scelta del marito o della moglie (generalmente sulla falsariga del noto detto «mogli e buoi dei paesi tuoi») e il tentativo di ribellarsi a tale scelta si fa a spese di vedersi estromesso dalla famiglia. Anche l'immagine dell'Italia può assumere un aspetto negativo in questi scrittori che la conoscono attraverso i ricordi di genitori e parenti come il paese della povertà e della miseria (Rotellini) oppure, visitandola, la rifiutano perché la lingua e le tradizioni risultano a loro aliene (Fusillo). Ma non sono solo gli scrittori di seconda generazione italiana ad interessarsi all'etnia italiana. Come i nostri narratori (in particolare Bosi, Cappiello, Gabbrielli, Nibbi) hanno proposto alcuni scritti legati agli aspetti pluralistici della società australiana, si sono occupati dell'elemento italiano di altra origine «etnica» scrittori quali Angelo Loukakis (di discendenza greca) per la narrativa e Alexander Buzo (di padre albanese) per il teatro. In fondo l'etnia italiana in Australia vuol dire anche questo: l'apertura da parte di tutti gli australiani verso le varie culture esistenti nel quinto continente, e il relativo interscambio attraverso i mezzi espressivi di una nuova letteratura «australiana» che abbraccia orizzonti ben più ampi rispetto a quelli del passato. Conclusioni Su un periodo di 130 anni una notevole quantità di letteratura, romanzi e poesie, è stata prodotta da italiani emigrati in Australia. Non molto tuttavia è stato fatto per esaminare le complesse esperienze personali, sociali e culturali e i contrasti che sono serviti da sfondo alla produzione di questo tipo di opere letterarie. Si tratta di scritti che hanno i loro difensori come pure i loro detrattori nel momento in cui si pone la questione di valutare le loro qualità letterarie, anche se esistono senza dubbio argomenti convincenti per suffragare la loro validità letteraria. Tuttavia l'argomento più potente, oltreché quasi universalmente accettato, a favore della validità di questo tipo di letteratura sembra basarsi sostanzialmente sul suo valore in quanto testo che si rapporta a una realtà sociale e storica. Esiste, in effetti, un diffuso accordo sul valore sociale e storico di questi scritti. Mentre alcuni scrittori trattano di temi non necessariamente collegati all'esperienza migratoria, e Cappiello trascende questi aspetti, si può nondimeno dire che la maggior parte degli scrittori e delle opere presenta aspetti dell'esperienza migratoria come il proprio tema principale. Come alcuni immigrati italiani vedono l'Australia e la società australiana, come essi reagiscono ad essa, il loro apprezzamento delle bellezze naturali del nuovo paese, che cosa essi pensano della terra che hanno lasciato alle spalle, tutti questi sono elementi salienti di questa categoria. Esse sono storie dal di dentro, raccontate non col distacco e l'obiettività dello storico e del sociologo professionale anglosassone, ma da un punto di vista tutto soggettivo e talvolta viscerale. Esse raccontano rabbie, frustrazioni, speranze e disillusioni vissute dagli immigrati, l'esperienza traumatica di lasciare la loro terra natia e di dover ricominciare in un nuovo paese con la percezione che forse non vi si apparterrà mai, l'irriconciliabile oscillare metafisico tra due mondi che solo gli immigrati hanno conosciuto. Sono questi gli aspetti che rendono tali documenti degni di esame da parte della seconda e terza generazione, come pure degli stessi anglo-australiani, al di là del loro eventuale valore letterario intrinseco. Paradossalmente sono questi aspetti limitativi che rendono questi documenti unici, e forse ancora di più tali quando vi sia un tentativo da parte di una futura generazione di dare un giudizio sul fenomeno della migrazione di massa in Australia negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale. |