Con migliaia di testate pubblicate nei cinque continenti dal Risorgimento a oggi, la stampa dell’emigrazione rappresenta un aspetto fondamentale della storia italiana. Eppure, come in parte già osservato, lo sviluppo degli studi storici dedicati a questo tema è relativamente recente. Negli ultimi anni, vari saggi, articoli e monografie sull’esperienza di singoli paesi hanno permesso di colmare alcuni vuoti significativi nella storiografia (vedi in particolare, i numeri monografici di Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana, 2005, Altreitalie, 2007, e Studi Emigrazione, 2009). Tuttavia, a parte un articolo interpretativo di Matteo Sanfilippo nel fascicolo di Studi Emigrazionee un capitolo di chi scrive nella Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi(Roma, Donzelli, 2002), finora solo gli ormai datati libri di Giuseppe Fumagalli (La stampa periodica italiana all’estero, Milano, Capriolo e Massimino, 1909) e di Vittorio Briani (La stampa italiana all’estero dalle origini ai giorni nostri, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1977) hanno permesso di ricostruire l’esperienza della stampa italiana all’estero nella sua dimensione globale. È senza dubbio un’impresa ardua presentare il quadro complessivo, nello spazio e nel tempo, di un giornalismo straordinariamente prolifico, il cui studio accurato richiederebbe idealmente indagini in ogni paese di immigrazione. Ciononostante, il giornalista e scrittore Pantaleone Sergi ha accettato di raccogliere questa sfida rischiosa.
Autore di numerose monografie sul giornalismo italiano, tra cui Quotidiani desiderati(Cosenza, Memoria, 2000) e Storia del giornalismo in Basilicata(Roma-Bari, Laterza, 2009), Sergi ha recentemente esteso le sue ricerche alla stampa degli emigranti, con un particolare interesse per quella degli italoargentini, come attestano i suoi contributi «Fascismo e antifascismo nella stampa italiana in Argentina: così fu spenta La Patria degli Italiani» (Altreitalie,2007) e «Tra coscienza etnica e coscienza di classe. Giornali italiani anarco-comunisti in Argentina» (Giornale di storia contemporanea, 1, 2008). Il suo ultimo libro, Stampa migranteè il frutto di una riflessione più ampia sui giornali della «diaspora» italiana, che sono analizzati in prospettiva comparativa. Sulle orme del giornalista Gian Antonio Stella, che ha sostenuto come le vicende degli italiani all’estero fossero emblematiche dell’esperienza migratoria di tanti altri popoli (L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Milano, Rizzoli 2002), Sergi mette a confronto la storia giornalistica delle comunità italiane in paesi stranieri con quella degli extracomunitari che vivono oggi in Italia.
Il libro è, quindi, diviso in due parti: le prime 130 pagine descrivono l’evoluzione della stampa italiana all’estero dal Risorgimento a oggi, mentre le quaranta seguenti sono dedicate alla scoperta dei media prodotti da e per gli immigrati in Italia nell’ultimo decennio. L’analisi speculare del giornalismo dei migranti è la forza di questo libro. Sergi riesce non solo a gettare luce sulle centinaia di periodici etnici nati in Italia, ma anche a dimostrare quanto i meccanismi che portano alla loro creazione siano analoghi a quelli che dettero vita alle testate italiane sparse nel mondo. In effetti, difendere l’onore delle comunità immigrate in un ambiente ostile, creare una tribuna politica in momenti di crisi nella patria lontana, offrire uno strumento di interpretazione della società d’adozione, aiutare i lettori a destreggiarsi nelle pratiche amministrative di un paese di cui parlano a stento la lingua, servire da ponte con la terra di origine, facilitare il commercio comunitario e «ritagliare spazi di identità per dare coesione al gruppo» (p. 153) sono tutti obiettivi comuni ai fogli etnici a prescindere dal luogo di pubblicazione. Sergi ricorda altresì il ruolo importante svolto dalle varie istituzioni sindacali e religiose «nel fornire strumenti di informazione per gli immigrati» (p. 155). Non a caso fu un’istituzione confessionale, l’Opera Bonomelli, a fondare nel 1902 Il Bollettino, che venne mandato agli emigrati italiani in America allo scopo di tutelarli. Oggi, è anche dalle associazioni etniche e dai luoghi di culto che partono tante iniziative giornalistiche a sostegno dei gruppi etnici stabilitisi in Italia. Il capitolo nono, redatto dalla figlia di Sergi, Elida, accenna tuttavia a due varianti nel funzionamento della stampa etnica in Italia che non sembrano avere alcun equivalente nella storia del giornalismo italiano all’estero. La prima è che, ai tempi dell’emigrazione di massa, non è stato osservata l’esistenza, nei paesi di destinazione, di un consorzio editoriale paragonabile a Stranieri in Italia, che oggi raggruppa varie testate in lingua rumena, polacca, filippina, francese e araba, sotto un unico direttore responsabile italiano, probabilmente per facilitare alle pubblicazioni degli immigrati l’ottemperanza alla normativa sulla stampa che, come è noto, prevede che ogni periodico abbia un responsabile iscritto all’albo dei giornalisti. La seconda è il modello offerto da Metropoli, settimanale in lingua italiana destinato agli immigrati e venduto in abbinamento con l’edizione domenicale di «Repubblica». Difficilmente avrebbe potuto essere concepita un’iniziativa editoriale analoga negli Stati Uniti dell’inizio del Novecento, ciò che attesta un’evoluzione anche nelle mentalità delle società ospitanti.
Stampa Migranteè una ricca fonte di informazioni sul giornalismo etnico e un contributo interessante ai dibatti attuali sull’immigrazione. Il libro offre, a chi non conosce la storia della stampa italiana all’estero, la possibilità di coglierne l’essenza in sole poche pagine e di trovare nella ricca bibliografia strumenti per ulteriori approfondimenti. Inoltre, svela aspetti di questa storia ancora poco toccati quali le vicende giornalistiche degli immigrati italiani nei paesi del bacino del Mediterraneo e gli sviluppi recenti dei media italici. Tuttavia, sarebbe stato interessante che la ricerca sui giornali etnici in Italia fosse stata basata sull’effettiva lettura dei testi in lingua originale e che le differenze di modello richiamate sopra fossero state oggetto di un’analisi più accurata. Gli studiosi delle migrazioni troveranno, comunque, in questa monografia indicazioni per nuovi percorsi di ricerca che nel volume di Sergi sono purtroppo soltanto accennati. Nel segnalare tali possibili itinerari senza svilupparli si trova il limite principale di questo lavoro di sintesi.
Bénédicte Deschamps