L’interesse per l’esperienza degli italiani in Australia è cresciuto notevolmente negli ultimi tre decenni, permettendo di mettere in luce la singolarità di un’emigrazione caratterizzata da una discreta presenza già nell’Ottocento, ma che conobbe la sua età aurea negli anni cinquanta del Novecento (si veda, per esempio, Italians in Australia diGianfranco Cresciani). L’impatto del fascismo, l’internamento degli italiani durante la Seconda guerra mondiale, la questione del razzismo, il percorso transnazionale di certi gruppi regionali e il peso degli italoaustraliani nel voto all’estero sono solo alcuni esempi delle tante tematiche studiate dal 1980 a oggi. Eppure, tranne un breve saggio di Felice Rando su Il Veltro del 1973e una riflessione pioneristica sulla stampa in lingua straniera di Miriam Gilson e Jerzy Zubricki in un volume del 1976, la storia dei periodici italiani in Australia è rimasta a lungo un argomento marginale. Amedeo Tosco, autore della tesi di dottorato The Italo-Australian Press: Media and Mass Communication in the Emigration World 1900-1940, sottolineava infatti in un saggio pubblicato su Altreitalie 34 del 2007 come la stampa etnica avesse «sempre ricevuto scarso interesse, quando non addirittura [era] stata completamente ignorata, dagli studiosi della materia e dalle componenti politiche australiane» (p. 39). Tuttavia, si nota adesso una certa evoluzione della storiografia sull’emigrazione che tende sempre di più a prendere in considerazione l’importanza della «stampa migrante» (per usare l’espressione scelta da Pantaleone Sergi nella sua omonima monografia). A testimoniare tale cambio vanno notati, per esempio, i due numeri speciali dedicati alle migrazioni italiane in Australia da Altreitaliee Studi Emigrazione(rispettivamente nel 2007 e nel 2009) che includono ognuno un contributo sul giornalismo italoaustraliano.
In questa prospettiva, si può dire che Il Globo. Fifty Years of an Italian Newspaper in Australia, curato da Bruno Mascitelli e Simone Battiston, costituisce un ulteriore tentativo di colmare i vuoti della storiografia sul tema. Con una raccolta di sette saggi firmati da noti studiosi (Bruno Mascitelli, Brent Edwards, Simone Battiston, Carlo Carli, Caterina Cafarella, Robert Pascoe e Gaetano Rando), il libro si propone di esaminare il ruolo svolto da «Il Globo» nelle comunità italiane d’Australia. Ideato e finanziato dal direttore del giornale, Ubaldo Larobina, questo volume celebra il cinquantenario della nascita di quello che si potrebbe definire un pilastro del mondo italoaustraliano della seconda metà del Novecento. A confermarlo sono i primi tre capitoli che ripercorrono la storia de «Il Globo» dal 1959 al 1979. Dopo una brevissima ricostruzione dell’attività giornalistica italiana degli anni precedenti la comparsa de «Il Globo», gli autori delineano le diverse tappe della vita del settimanale: la nascita a Sydney Road (Brunswick) il 4 novembre del 1959, l’arrivo del redattore capo Nino Randazzo, la lotta contro il giornale concorrente «La Fiamma», l’attivismo contro la politica discriminatoria australiana (White Australian Policy), il trasferimento a Melbourne (1973), gli attacchi contro il pci (1976) e l’assorbimento de «La Fiamma» (1978) che condusse alla creazione di un monopolio sui media italiani con l’acquisto di Rete Italia (1994). I due capitoli seguenti analizzano più in dettaglio il percorso politico de«Il Globo» che si rivela strettamente legato all’evoluzione delle posizioni di Randazzo: candidato sconfitto del Democratic Labor Party australiano negli anni sessanta, Randazzo si fece notare come fervente anticomunista nel decennio successivo, sostenne Forza Italia e «il ciclone Berlusconi» (p. 113) negli anni novanta per poi allontanarsene e, nel 2006, aderire alla Margherita sotto la cui egida fu eletto senatore al Parlamento italiano (grazie al voto della circoscrizione Africa-Asia-Oceania-Antartica). Il sesto capitolo si focalizza sul tentativo – molto criptico e poco convincente – di «decifrare il giornale espatriato» (p. 125) per evidenziare le caratteristiche che lo distinguerebbero dai periodici in lingua inglese, basandosi sia sull’analisi della lingua e dell’impostazione delle illustrazioni sia sulla misura dei «movimenti dell’occhio» (p. 131). L’ultimo saggio è dedicato ai molteplici aspetti della personalità di Randazzo, che non si è mai limitato a fare l’editorialista e il parlamentare ma, secondo l’autore dello studio, si sarebbe rivelato anche un drammaturgo di successo.
Benché Mascitelli affermi che «questo non è un libro patinato né agiografico» (p. 12), il volume non riesce a superare una dimensione celebrativa e descrittiva e, in definitiva, non offre alcun quadro interpretativo. Il suo pregio è quello di aprire una finestra sulle vicende di un influente settimanale, sottolineandone l’impegno sia presso le autorità australiane sia sulla scena politica italiana. Inoltre, gli autori evidenziano funzioni della stampa etnica che sono già state osservate da ricerche precedenti in altri paesi di immigrazione, quali la partecipazione alle decisioni riguardanti le condizioni di vita degli italoaustraliani e la lotta contro gli stereotipi che riducono gli italiani all’immagine del «mafioso». Di particolare rilievo sono le pagine che ricordano le critiche mosse al governo australiano per la sua politica d’immigrazione e la parte che mostra come «Il Globo» «non fu solo il giornale della comunità italiana in Australia bensì una voce italiana propria in via di formazione» (p. 51). Tuttavia manca a questa raccolta una coerenza generale e una messa in prospettiva della storia de «Il Globo» nel panorama più ampio della storia della stampa d’emigrazione italiana che, come attesta la recente e sempre più sfaccettata letteratura scientifica sul tema, è ricca di una miriade di pubblicazioni nel mondo intero (la bibliografia del volume conferma l’assenza di questi riferimenti). Per quanto, come sostiene Mascitelli (p. 9), sia «inconcepibile» immaginare «Il Globo» senza la figura centrale di Nino Randazzo, il libro avrebbe anche guadagnato in spessore se alcuni saggi non fossero il semplice riassunto degli articoli e degli editoriali pubblicati sul giornale dallo stesso Randazzo. Sarebbe stato interessante indagare, per esempio, sulle motivazioni che spinsero Tarcisio Valmorbida e poi una parte della sua famiglia a investire ne «Il Globo», sebbene fossero tutti imprenditori che operavano nel campo dell’importazione di prodotti italiani. Tra l’altro, il fatto che la figura di Ubaldo Larobina, il co-fondatore del settimanale, venga parimenti trascurata lascia il lettore altrettanto perplesso. È probabile che abbia pesato sulla ricerca il taglio divulgativo che contraddistingue tutti i libri celebrativi. Questo limite non toglie certamente al volume il merito di contribuire a una migliore comprensione dell’esperienza italiana in Australia, ma lascia gli studiosi della stampa italiana all’estero con più interrogativi che risposte.
Bénédicte Deschamps