Un aspetto accomuna le ricerche sui sammarinesi e sugli umbri «argentini» di Alicia Bernasconi e di Ariel Mario Lucarini: entrambe riguardano due comunità migratorie poco studiate sia in Italia e a San Marino, sia in Argentina. Per il resto, i due lavori hanno poco da condividere, non tanto perchè sono riferiti rispettivamente a un gruppo migratorio nazionale e a uno regionale, ma perchè la lettura che dell’esperienza migratoria di sammarinesi e umbri «argentini» fanno i due autori è molto diversa: puntuale nel primo caso, generale nel secondo.
Il volume di Lucarini illustra le caratteristiche sociodemografiche, economiche e culturali degli umbri giunti in Argentina soprattutto nel secondo dopoguerra («fase coincidente con l’arrivo della maggior parte degli umbri stabilitisi a Buenos Aires», p. 9) e dei loro discendenti. Si tratta di un’inchiesta basata su un campione rappresentativo di 306 famiglie di origine umbra, composte da 783 persone residenti nella città di Buenos Aires e nei quartieri della periferia (Grande Buenos Aires). La ricerca, finanziata dalla Regione Umbria e coordinata dall’Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea, è stata realizzata durante i mesi di agosto e settembre 2005 da un gruppo di giovani ricercatori che fanno parte del Centro Umbro di Buenos Aires. La raccolta dei dati è il risultato della distribuzione di due tipologie di questionario: uno di tipo «familiare», contenente informazioni generali sull’ascendenza umbra e sulle caratteristiche migratorie del gruppo, e uno di tipo «individuale», che raccoglie notizie su caratteristiche demografiche, istruzione, situazione lavorativa, cittadinanza, lingua e cultura italiane, viaggi e contatti con l’Italia di ogni membro interpellato. I numerosi dati raccolti tramite i questionari sono stati elaborati e costituiscono la parte finale del volume: le quarantatrè tabelle dell’appendice presentano i principali risultati dell’indagine.
Rispetto allo studio di Lucarini, dal punto di vista metodologico, le difficoltà che incontra Alicia Bernasconi nel suo lavoro sui sammarinesi sono numerose, prima fra tutte la scarsità di dati a disposizione. La particolarità del caso di San Marino risiede nella «sovrapposizione dei due livelli regionale e nazionale e nell’incapacità del livello nazionale di comprendere il fenomeno migratorio della Repubblica, non per eccesso di aggregazione dei dati (come accadde nel caso italiano), ma perchè sembrerebbe artificiale scindere il flusso sammarinese da quello proveniente dall’area immediatamente circostante [regioni Marche ed Emilia Romagna], considerando, tra l’altro che molti sammarinesi lavoravano in campagne al di fuori del territorio della Repubblica» (p. 45). Per i sammarinesi, come segnala l’autrice, «il concetto di patria era chiaro: era il luogo di appartenenza familiare, affettiva e sociale. Meno chiara era la distinzione tra paese e Paese: il primo era concreto, quotidiano, reale; il secondo, distante, astratto, privo di legami effettivi. La geografia reale era quella dell’esperienza» (p. 41). Ciò tuttavia non fa che rendere più difficile seguire il percorso di questa comunità nazionale e allo stesso tempo «paesana» nel momento in cui si cerca di spiegare i contorni dell’esperienza migratoria in Argentina. L’«invisibilità» statistica del flusso proveniente da San Marino, all’interno di quello imponente (non solo italiano chiaramente) che a cavallo tra Ottocento e Novecento riceve l’Argentina, obbliga l’autrice a percorrere la via della microstoria basata su fonti nominative: sono le storie individuali a guidare la ricostruzione della storia collettiva (p. 50).
Pregio della ricerca di Bernasconi è, come giustamente segnala Ercole Sori nell’introduzione al volume, il suo carattere «bilaterale», perchè le informazioni raccolte nello stato del Titano (banca dati del Centro Studi sull’Emigrazione contenenti le richieste di passaporto per l’Argentina, il Sudamerica e l’America) sono state confrontate e integrate con quelle vagliate in Argentina (liste di sbarco nel porto di Buenos Aires digitalizzate del cemla). In quest’ultimo caso, la partecipazione diretta delle comunità dei sammarinesi e dei loro discendenti attraverso la compilazione di questionari si è dimostrata molto proficua. Si tratta, tuttavia, di un questionario di tipo qualititivo che «non aveva obiettivi statistici e non puntava a essere rappresentativo», ma che invece si propone di offrire «un contributo di tipo qualitativo di valore ineguale, che ci permette comunque di conoscere non soltanto la storia delle generazioni precedenti, ma anche la trasmissione della memoria familiare» (p. 51).
Non è semplice nè facile per uno studioso risalire, tramite le memorie familiari, ai flussi più distanti cronologicamente. In Argentina, spesso i discendenti degli italiani hanno una nozione molto vaga dell’origine regionale dei loro antenati. Ancora più indefinite sono le motivazioni della partenza, le caratteristiche lavorative e sociali del primo insediamento e la realtà dei primi anni nel paese di approdo. Anche il legame con la madrepatria diventa, di regola, più labile con il trascorrere del tempo: non a caso la maggior parte della popolazione di origine umbra rilevata nella ricerca di Lucarini giunse in Argentina nel secondo dopoguerra oppure discende da umbri arrivati nella nazione latino americana in quegli anni (pp. 13-14). Nel complesso, però, la maggioranza degli umbri, circa 4.000 individui, approdò in Argentina tra il 1906 e il 1915. L’entità numerica di questa ondata, quindi, fu di gran lunga superiore ai 2.800 immigrati arrivati nel periodo 1916-1925 e ai 500 del periodo 1946-1965 (per il decennio 1946-1955 non si dispone di dati) (pp. 12, 31). Nel caso dei sammarinesi, fu invece il periodo 1921-1930 a raccogliere il maggior numero di emigranti diretti in Argentina analizzati nella ricerca di Bernasconi.
Ci preme indicare un ultimo elemento rilevato nelle due ricerche: l’esistenza di reti paesane che orientano l’insediamento geografico dei flussi sammarinesi e umbri nei diversi periodi. Le reti migratorie iniziate dai sammarinesi nel Novecento, per esempio, ricevono regolarmente nuovi membri fino al secondo dopoguerra. Il perdurare della scelta delle zone di insediamento è chiaramente esplicitato nelle storie di vita: le aree rurali di Santa Fe e di Cordoba nella seconda metà dell’Ottocento; le zone di Pergamino (provincia di Buenos Aires) e della provincia di Jujuy nei primi anni del Novecento; ancora la località bonaerense di Pergamino, Cordoba, Jujuy-Salta e la città di Viedma (provincia di Rio Negro) tra le due guerre; Jujuy, Cordoba e la Grande Buenos Aires per i pochi cittadini della Repubblica del Titano emigrati nel secondo dopoguerra. La testimonianze di Rosa Bollini di Viedma e la ricostruzione delle reti migratorie delle famiglie Santi-Casadei, Bollini e Macina-Ugolini in Argentina completano il lavoro di Bernasconi e confermano le dinamiche migratorie che l’attenta lettura dell’elenco nominativo dei sammarinesi giunti al porto di Buenos Aires tra 1887 e 1950 (pubblicato alla fine del volume) in parte attesta.
Javier P. Grossutti