Literary and Social Diasporas. An Italian Australian Perspectivea cura di Gaetano Rando e Gerry Turcotte rappresenta un contributo degno di attenzione sul tema delle identità diasporiche degli italiani all’estero, nonché su produzioni letterarie, memorialistica e storia e cultura migrante. Questo contributo aggiunge nuovo materiale alle già presenti raccolte sul tema (si vedano ad esempio gli atti della conferenza Memories and Identities: The Impact of Italians in South Australia, a cura di Desmon O’Connor, Australian Humanties Press, 2004, e gli atti della conferenza In Search of the Italian Australian into the New Millennium, a cura di Piero Genovesi e Walter Musolino). Il volume inoltre si inserisce nella più generale area di Italian Migration Studies dove studi importanti, come ad esempio quelli di Donna Gabaccia sulle diaspore italiane (Emigranti. Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi, Einaudi, 2003) e il volume a cura di Maddalena Tirabassi sui paradigmi delle migrazioni italiane (Itinera, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 2005), hanno (ri)esaminato concetti legati alla diaspora italiana, come «civiltà italiana», «nazione italiana», «transnazionalismo» e «comunità immaginata».
Il volume raccoglie quindici saggi, ed è diviso in tre parti: testimonianze, letteratura, e storia, cultura, società. Buona parte dei contributi appartengono agli atti della Conferenza Minorities and Cultural Assertions: Literary and Social Diasporas (University of Woolongong, ottobre 2004). Come introduzione all’opera vengono proposte nella prima parte sette testimonianze inedite di italiani di prima e seconda generazione. Nel folto gruppo, che comprende tra gli altri Pino Bosi, Antonio Casella, Francesca Matteini e Peter Tesoriero, sono presenti scrittori, docenti, giornalisti e un regista cinematografico. Si tratta indubbiamente di una sezione con contributi che offrono spunti di riflessione sulla complessità delle identità diasporiche degli italiani (e italo-australiani) d’Australia. Le testimonianze presentano degli spaccati di vita di vecchia e di recente emigrazione, mettendo spesso in risalto il carattere regionale delle migrazioni.
Appartiene a questa sezione, il saggio di Venero Armanno, «Under the Volcano». Caratterizzato da una scrittura accattivante e corredato da aneddoti personali e familiari, il testo offre la possibilità di analizzare le fonti che hanno ispirato la sua produzione letteraria e gli adattamenti di questa in sceneggiature cinematografiche (tra tutti Love’s Brother, 2004): l’ancestrale e più recente storia della Sicilia, con il suo retaggio pagano e cattolico, il microcosmo e le microstorie degli emigranti siciliani a Brisbane, nonché l’incontro-scontro tra sicilianità e australianità e la centralità di «food, life, love» (p. 27) nel bagaglio migrante. La testimonianza dello scrittore di seconda generazione Archimede Fusillo, «Tales My Nonna Told Me» attinge dal patrimonio di quelle storie e racconti di famiglie emigranti in un contesto italo-australiano che sono risultate indispensabili fonti di ispirazione per la sua produzione letteraria. In «Growing up Italian and Making Movies», Jan Sardi, sceneggiatore e cineasta d’origine italiana, offre una testimonianza sulla storia della migrazione della propria famiglia e del suo inserimento nel quartiere italiano di Carlton (Melbourne). Come Armanno e Fusillo, Sardi cerca (e trova) ispirazione nelle storie di vita vissuta e nei racconti degli emigrati italiani.
Nella seconda parte del volume dal titolo «Letteratura»trovano spazio i saggi di Jessica Carniel, John Gatt-Rutter, Gaetano Rando e Rita Wilson. I contributi di Jessica Carniel e Rita Wilson prendono in esame due esempi di narrativa femminile italo-australiana. Carniel analizza il legame tra cibo ed etnicità in «Love Takes You Home» di Julie Capaldo e presenta un’interessante prospettiva sul ruolo del cibo nella formazione dell’identità italo-australiana. Carniel suggerisce che nel romanzo di Capaldo, che potremmo definire una sorta di bildungsroman culinario, la crescita emotiva e intellettuale del personaggio principale è raggiunta attraverso una consapevolezza alimentare che deriva da una dimensione di equilibrio tra le due culture, quella italiana e quella australiana.
Come quello di Carniel, anche il pezzo di John Gatt-Rutter mette in evidenza le connessioni tra la gastronomia e l’esperienza migratoria italiana in Australia. L’intervento di Gatt-Rutter è un’appassionata analisi della biografia di Sebastiano Pitruzzello, scritta da Piero Genovesi. Si tratta di una storia di successo, dai toni quasi epici, come nota Gatt-Rutter, in cui i tratti culinari e gastronomici esportati dalla Sicilia da Pitruzzello si mescolano con i tratti socioculturali e socioeconomici del paese ospitante, l’Australia, e del suo retaggio multiculturale. Gatt-Rutter nota che la biografia scritta da Genovesi tende a estendere a tutta la regione di origine di Pitruzzello, la sua storia di successo, avvalorando e nobilitando le molte diaspore del piccolo paese in provincia di Siracusa, Sortino, da cui proviene Pitruzzello. Storia, fato e autodeterminismo guidano l’analisi di Gatt-Rutter dell’avvincente biografia di Pietruzzello.
L’intervento di Gaetano Rando offre una panoramica sul contributo letterario degli emigrati calabresi al patrimonio culturale italiano d’Australia. Rando ha il merito di evidenziare la funzione potenzialmente destabilizzante dei testi australiano-calabresi, se considerati alla luce del canone letterario australiano. Nel difficile tentativo di definire che cosa si intenda per «letteratura nazionale», Rando sembra suggerire che la letteratura australiano-calabrese rappresenti un coraggioso esempio di contrapposizione a una visione monoculturale della nazione.
Rita Wilson, nella sua analisi delle opere di Anna Maria dell’Oso, Julie Capaldo e Melina Marchetta, evidenzia una consapevolezza transnazionalista nelle voci di queste scrittrici. La loro transnazionalità forza i concetti di appartenenza e di cultura, proponendo una sorta di legame prismatico a più di una nazione. L’identità è legata al movimento, a una continua «relocation», in cui il materiale della memoria e della storia, sempre incompleto e parziale, scaturisce dallo sguardo del «nomade» che continuamente attraversa confini. Le voci delle scrittrici analizzate da Wilson parlano quindi degli spazi interstiziali tra le due culture.
I saggi di Gianfranco Cresciani, Joseph Pugliese, Francesco Ricatti e Michele Sapucci vengono raccolti nella terza e ultima parte del volume, dal titolo «Storia, Cultura, Società». Il saggio di Pugliese prende le mosse da un’analisi del poster della mostra Italiani di Sydney del 2003 che raffigurava l’immagine di una copia in gesso del David di Michelangelo risalente agli anni sessanta e ubicata a Sydney. Pugliese si lancia in una lettura decostruzionista della scelta di tale immagine per rappresentare l’italianità in un contesto australiano. Pugliese parte dalla constatazione che l’esibizione di simboli di italianità come il David fanno parte di quella pratica di nation-building che ha contrassegnato lo stato italiano dalla sua costituzione unitaria. Inoltre, Pugliese constata che l’egemonia culturale del Rinascimento, di cui il David è uno dei simboli, o di quella che Pugliese definisce «northern Italian high art» (p. 187), è costruita attraverso il consumo di simboli che schiacciano le eterogeneità regionali della cultura italiana, così come gli influssi «orientali» nel bagaglio culturale del meridione d’Italia.
Pugliese arriva poi all’interessante osservazione che attraverso le riproduzioni kitsch di tali simboli d’italianità sotto forma di beni di consumo di massa, nel contesto delle comunità migranti meridionali di Sydney si verifica una prefigurazione di un fenomeno postmodernista per cui le icone che simboleggiano la nazione vengono frammentate e ri-assorbite in altri ed eterogenei contesti quotidiani. Riportando la storia di questa copia del David degli anni sessanta a Sydney, di come sia stata de-costruita, smembrata e spedita in una discarica cittadina per essere distrutta, Pugliese ironicamente mette in evidenza da un lato la vanità di queste pratiche di nation-building che si basano sulla presunta validità di simboli unificanti e omogenei e, dall’altro, la carica decostruzionista delle comunità meridionali di origini italiane di Sydney, le quali, ri-appropriandosi di simboli e icone di italianità e ri-constestualizzandoli, mettono in pratica una sorta di pastiche, una copia parodica dell’italianità stessa.
L’intervento di Francesco Ricatti si concentra sull’analisi delle lettere scritte tra il 1957 e il 1964 dai lettori del giornale «La Fiamma di Sydney». Le lettere rappresentano un’importante testimonianza della migrazione italiana in Australia e mettono in luce le pratiche di rielaborazione dell’esperienza della migrazione e la costruzione delle loro identità attraverso le storie raccontate nelle lettere. Ricatti mette in evidenza l’importanza di considerare la cultura popolare come una fonte storica capace di produrre una narrativa: nella sua lettura, gli interventi editoriali della curatrice Lena Gustin hanno contribuito a influenzare, negoziare e guidare la narrativa delle storie che gli immigrati italiani raccontavano nelle loro lettere.
Se l’eterogeneità dei saggi rende il volume interessante sia per gli addetti ai lavori che per un pubblico più generale, la presentazione dei temi da una prospettiva interna all’Australia (si veda per esempio la mancanza di una lista delle abbreviazioni, quali «cald», che non viene spiegato) potrebbe a volte lasciare perplessi i lettori non australiani. Tuttavia, il volume a cura di Rando e Turcotte grazie a saggi interdisciplinari e testimonianze inedite resta un contributo originale alla storiografia dell’emigrazione italiana.
Simone Battiston (Swinburne University of Technology)
e Sabina Sestigiani (Deakin University)