Fino a una decina di anni fa, la stampa dell’emigrazione ha ricevuto una scarsa attenzione da parte degli storici. Questo mancato interesse, già deplorato da Sally Miller per gli Stati Uniti (The Ethnic Press in the United States. A Historical Analysis and Handbook, New York, Greenwood Press, 1987), può essere constatato a prescindere dai paesi di adozione e dai gruppi etnici che promossero iniziative giornalistiche considerate ancora oggi marginali. Per le testate italiane all’estero, ancorché numerose e proteiformi, tale trascuratezza si è attenuata solo nei casi in cui le loro vicende sono risultate strettamente collegate alla storia politica dell’Italia. È stato, quindi, quando a produrla sono stati esiliati anziché immigrati che la stampa è riuscita a destare la curiosità degli specialisti dell’età risorgimentale o del periodo fascista (per esempio, Salvatore Candido, «La pubblicistica mazziniana in Brasile e nei paesi rioplatensi nel primo Ottocento», ivi, xli, 1, 1995, pp. 11-54; Adriano Dal Pont, Alfonso Leonetti, Massimo Massara, Giornali fuori legge. La stampa clandestina antifascista 1922-1943, Roma, anppia, 1964; Frank Rosengarten, The Italian Anti-Fascist Press (1919-1945). From the Legal Opposition Press to the Underground Newspapers of World War II, Cleveland, Press of Case Western Reserve University, 1968). Poche sono le eccezioni in proposito. Basti ricordare l’ormai imprescindibile libro di Giuseppe Fumagalli (La stampa periodica italiana all’estero, Milano, Capriolo e Massimino, 1909), che ispirò a sua volta l’unico altro tentativo di tracciare un quadro generale della stampa italiana nel mondo, la monografia molto lacunosa e poco accademica di Vittorio Briani (La stampa italiana all’estero dalle origini ai nostri giorni, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1977), oppure, negli anni ottanta, gli ottimi contributi di Angelo Trento per il Brasile (Là dov’è la raccolta del caffè.L’emigrazione italiana in Brasile, 1879-1940, Padova, Antenore, 1984) o di Pietro Russo per gli Stati Uniti (Catalogo collettivo della stampa periodica italo-americana, 1836-1980, Roma, cser, 1983).
Il volume di Federica Bertagna si inserisce quindi in una storiografia ancora relativamente limitata, ma che è andata ampliandosi dalla fine degli anni novanta. Lo attesta, tra l’altro, il fatto che, nell’ultimo quinquennio, tre delle principali riviste specializzate nello studio dell’emigrazione italiana abbiano dedicato un numero o una sezione monografica alla stampa italiana all’estero: Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana nel 2005, Altreitalie nel 2007 e Studi Emigrazione nel 2009. Incentrata sul caso argentino, già affrontato in parte da Ema Cibotti («Giornalismo politico e politica giornalistica. La formazione pubblica di una opinione italiana nella Buenos Aires di fine secolo», in Ventesimo Secolo, iv, 11-12, 1994, pp. 351-76), la monografia di Bertagna costituisce un prezioso contributo alla storia del giornalismo oriundo. Divisa in quattro parti di estensione un po’sbilanciata, offre al lettore sia un panorama della stampa italoargentina dal Risorgimento all’avvento di Internet, sia il caso studio delle attività di tre giornali specifici in momenti cruciali della vita delle collettività italoplatensi: l’adesione del mitico giornale «La Patria degli Italiani» alla causa del nazionalismo durante la guerra di Libia, l’impegno antifascista de «L’Italia del Popolo» durante la Seconda guerra mondiale e il ruolo svolto dal Corriere degli Italiani nell’aiutare le nuove generazioni italoargentine a inserirsi nella società d’adozione nel periodo post-bellico.
La struttura del libro, benché giustificata nell’introduzione, nuoce un po’alla coerenza generale del volume. Tuttavia, già autrice di un bel saggio sull’emigrazione fascista in Argentina a partire dal crollo del regime (La patria di riserva, Roma, Donzelli, 2006), Bertagna riesce a evitare le classiche trappole di questo genere di studi: l’elenco fastidioso di testate più o meno famose, l’agiografia delle grandi figure del giornalismo e la separazione dell’esperienza dei periodici dalla storia d’Italia e dei paesi di adozione. Attraverso una ricostruzione sintetica ma problematizzata della vita dei giornali, vengono evidenziati i meccanismi di produzione delle testate, i conflitti ideologici e commerciali che contrapposero tra loro i vari direttori, le alleanze create dai giornalisti con i partiti politici o con le autorità locali e/o italiane, gli stretti vincoli che unirono i periodici all’associazionismo italoargentino e i vari tentativi del governo italiano di controllare i maggiori quotidiani grazie a finanziamenti spesso occulti. Molte caratteristiche della stampa italoplatense potrebbero essere attribuite pure a quella degli Stati Uniti o del Brasile, che si tratti delle sue radici risorgimentali o dello sviluppo sulla Rete di siti in parte gestiti da enti italiani che oggigiorno si prefiggono addirittura di condizionare il voto dei cittadini italiani all’estero.
Suscitano particolare interesse le pagine dedicate alla stampa su Internet, un aspetto sempre più delicato da analizzare in quanto contemporaneo e solo sfiorato dagli altri storici (in proposito, il saggio di Maddalena Tirabassi in Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi, Roma, Donzelli, 2002). Va anche segnalata l’ottima introduzione, nella quale, avvalendosi delle conclusioni già tratte dai maggiori specialisti del campo, Bertagna approfondisce ulteriormente la riflessione sul ruolo della stampa dell’emigrazione. Quello che manca alla monografia è, invece, il tentativo di una messa in prospettiva dell’oggetto specifico dell’indagine che tenga conto pure della stampa prodotta da altri gruppi etnici presenti in Argentina. Infatti, sarebbe stato utile capire quanto l’esperienza dei giornali in italiano fosse comune o eccezionale rispetto a quella di testate in altre lingue che erano espressione di differenti pregressi nazionali pur operando nello stesso contesto argentino. Questa analisi, generalmente assente nella letteratura sulla cosiddetta «stampa etnica», se non altro per l’ovvio motivo della limitata gamma delle conoscenze linguistiche degli studiosi, è indubbiamente difficile da condurre in modo completo e dettagliato. Tuttavia qualche riferimento, anche marginale, avrebbe consentito di aprire nuove ipotesi di ricerca. Malgrado questa critica trascurabile, il libro di Bertagna costituisce un testo di riferimento fondamentale per quanto riguarda l’esame non solo della stampa italoargentina ma anche della storia degli italoargentini.
Bénédicte Deschamps