Maria Fantasia, dopo aver lavorato come insegnante di scuola secondaria, oggi si dedica alla creazione di progetti socio-comunitari per le comunità di aborigeni, il che l’ha portata a lavorare in zone remote dell’Australia. Nel memoir My Mother’s Story, Through My Eyes ripercorre la storia personale della madre, Angela Varricchio, dalla nascita nel 1937 in un paesino in provincia di Benevento, San Leucio del Sannio, fino agli ultimi giorni di vita nel Royal Adelaide Hospital nel 2014. Da inserirsi nel filone della letteratura di genere e femminista, questo «viaggio letterario e visuale nella storia di mia madre» (p. 217) porta il lettore a entrare nella vita quotidiana e intima di una donna ordinaria «la [cui] vita è piena di sacrificio» (p. 213).
Dotata di un temperamento mite e obbediente, Angela compie un atto di ribellione quando, a diciotto anni, decide di sposare per procura un paesano, Francesco Fantasia, che «era emigrato in Australia ma voleva sposare una brava figliola italiana» (p. 9). La decisione di accettare una proposta di nozze che cambierà il corso della vita di Angela, viene presa come reazione al sistema di regole della famiglia, che lei considera troppo strette e che la conducono alla dolorosa delusione di vedersi proibire l’unione con Umberto, il ragazzo di cui è innamorata, apparentemente ricambiata. I motivi di opposizione a questo legame risiedono sia nell’appartenenza della famiglia di Angela a un livello sociale superiore a quello di Umberto, in quanto proprietari terrieri, sia nell’incertezza verso il futuro, in quanto il ragazzo ha deciso di arruolarsi nei carabinieri, quindi dovranno trascorrere dodici anni prima che sia libero di sposare la sua amata. A quel tempo Angela avrebbe già compiuto ventisette anni e ciò l’avrebbe portata a essere annoverata come «zitella», con il rischio di aspettare un uomo che dopo tanto tempo potrebbe anche aver cambiato idea sui suoi sentimenti. Così, nel 1957, con grande dispiacere da parte dei genitori, Angela si imbarca da Napoli verso l’Australia per incontrare il marito visto solo in foto, con in mente la promessa di una sontuosa cerimonia religiosa in Australia.
I sogni di Angela e le promesse di Francesco vengono infrante fin dal primo incontro. Dell’impegno a santificare in chiesa l’unione rimane solo una foto in abito da sposa mentre la personificazione di una foto in bianco e nero in cui la giovane aveva riposto tutte le sue speranze per due anni risulta essere un uomo emaciato, il cui aspetto appare per nulla attraente ad Angela. Ad aggravare il rimorso per la scelta compiuta è il fatto che da subito il marito rivela un temperamento irascibile e maschilista, incline agli abusi e alla violenza. Angela nasconderà per tutta la vita i soprusi domestici dietro il dovere di adempiere al proprio ruolo di moglie e di madre e alla necessità di presentare alla società l’immagine di «una bella famiglia cattolica» (p. 123). Solo negli ultimi anni della sua vita, dopo la morte del marito, troverà il coraggio di rivelare alla figlia i segreti più dolorosi.
Nel ripercorrere una storia di emigrazione, intrisa di aspettative sul Nuovo Mondo, Maria Fantasia offre al fruitore un ritratto molto franco delle persone e situazioni che descrive, dimostrando coraggio nel rivelare fatti e accadimenti del vissuto quotidiano. L’onestà con cui sono narrati alcuni avvenimenti lascia in varie occasioni sgomento nel lettore, come ben evidenzia il secondo capitolo (intitolato A new life in the «New America»-Australia) dei tredici di cui è composto il libro, soprattutto per la consapevolezza che si tratta di vicende realmente accadute.
Nella negoziazione quotidiana tra il pericolo a cui Angela e i suoi figli sono esposti e la vergogna di quello che potrebbe dire la gente, la sua storia diventa comune a molte donne della sua epoca che hanno subìto il conflitto tra la necessità di proteggere la rispettabilità del nome della famiglia e l’incolumità propria e dei figli. Nell’affrontare questioni legate all’abuso e alla violenza contro le donne, la storia oltrepassa i confini temporali del periodo in cui si sviluppa e si dipana fino ai giorni nostri, in cui il senso di vergogna e di colpa per le ingiustizie subite conduce molte donne a non denunciare le aggressioni. La forza intrinseca della storia narrata dalla figlia-autrice, risiede nella sua veridicità che può offrire alle vittime di soprusi la possibilità di trovare il coraggio di reagire e di smettere di nascondere la sofferenza «dietro alle porte chiuse» (p. 138) in nome di una apparente rispettabilità.
Grazie alle istantanee realistiche attraverso cui Maria Fantasia narra l’intera storia di Angela fino alla morte avvenuta nel maggio 2014, conducendo il lettore nelle varie epoche della vita della madre, vengono affrontati molti degli aspetti salienti dell’esperienza degli emigranti a cui gli studi sociologici hanno dedicato ampio spazio. Si comincia dalla miseria del secondo dopoguerra italiano che ha spinto molti alla partenza ma che spesso non può essere considerata come il motivo propulsore. La storia di Angela dimostra, infatti, che spesso le aspettative che il soggetto si creava, soprattutto in relazione all’agognata libertà da regole sociali considerate restrittive, potevano giocare un ruolo fondamentale come spinta ad affrontare l’ignoto. Aspettative che, molto spesso, venivano disilluse nell’incontro/scontro con la realtà della terra straniera, in cui i leitmotiv dell’esperienza quotidiana erano, al contrario, legati al sacrificio, all’isolamento e alla nostalgia.
Anche gli ultimi capitoli, dedicati agli anni della malattia di Angela, portano alla luce alcuni dei temi peculiari che stanno emergendo nel campo degli studi sociologici relativi agli emigranti italiani. Quello dell’invecchiamento e della cura dei membri anziani della diaspora è, per esempio, al centro del dibattito e delle ricerche sul campo di studiosi del calibro di Loretta Baldassar della University of Western Australia. Le conseguenze dell’incapacità di comunicare nella lingua del paese di accoglienza, caratteristica comune a molti degli emigranti, possono portare a situazioni molto angosciose nei momenti di maggiore necessità dell’individuo.
Nella consapevole inadeguatezza dei propri mezzi personali per riuscire ad avere un ruolo nella dimensione sociale del paese ospitante, dove il senso di solitudine può essere esacerbato dall’incapacità di trovare alternative alla propria condizione, un elemento salvifico per molti anziani emigranti giungono ad essere i nipoti, come è evidenziato dal ruolo che Jesse e Charlotte hanno nella vita di Angela. Si riaccendono così i riflettori sulla centralità della famiglia e delle poche relazioni privilegiate, in un contesto che rimane in qualche modo avulso al soggetto nonostante i molti anni che vi ha trascorso.
Angela Princiotto (Universidad de Santiago de Compostela)