Per me, come per altre e altri studiosi della mia generazione, ricordare Franco Ramella significa tornare al dibattito storiografico che ha avuto molta vivacità a partire dalla fine degli anni settanta e ha aperto la strada alla microstoria anche in Italia. Di questa tendenza storiografica Franco Ramella è stato un protagonista di rilievo anche se, a differenza di altri, non ha partecipato in modo altrettanto visibile a tale discussione teorica. Era infatti nel suo stile, dovuto alla riservatezza (molto subalpina) e alla sua provenienza politica e sindacale, essere molto pragmatico e assai attento alla ricerca piuttosto che alla visibilità nel mondo accademico e scientifico.
E proprio grazie alla sua capacità euristica ha fatto anche molta scuola sia con i suoi allievi/e sia con gli studiosi/e che hanno avuto l’opportunità, assieme a Luciana Benigno, la compagna di tutta la vita, di condividere la ricerca con lui. Benché il libro che, giustamente, gli ha dato maggiore notorietà storiografica sia stato l’einaudiano Terra e telai – grazie alla ben nota e innovativa lettura della condizione operaia, mutuata dalla sua ricca conoscenza della storiografia anglosassone e internazionale – il terreno d’indagine dove ha maggiormente influito sul piano dell’insegnamento teorico-metodologico è stato quello delle migrazioni.
Già presente nell’appena citato e più noto dei suoi lavori, in quanto uno dei perni dell’interpretazione della condizione delle famiglie operaie e del loro rapporto con la terra, tale argomento è diventato in seguito un asse centrale delle sue ricerche in virtù delle numerose indagini collettive alle quali ha partecipato: dalla ormai lontana ricerca sui Biellesi nel mondo, promossa dalla Banca Sella all’inizio degli anni ottanta, alla ben più recente ricerca sulle Seconde generazioni, varata dalle Università del Piemonte orientale e di Torino nel nuovo millennio.
È stato forse in queste occasioni, oltre che nelle lezioni e nei seminari svolti nell’ambito dei corsi universitari tenuti all’Università di Torino, che il suo insegnamento ha avuto l’incidenza maggiore. I suoi interventi alle periodiche discussioni, coloriti sempre dall’immancabile ironia, erano diretti a illustrare temi che, nella loro semplicità illustrativa, aprivano di fatto lo sguardo su aspetti centrali sui quali svolgere la non facile e certosina ricerca sulle fonti demografiche e mettevano altresì a fuoco una lettura delle testimonianze autobiografiche capace di cogliere aspetti non meno significativi dell’esperienza migratoria.
Si tratta di quella capacità, condivisa in altre numerose pubblicazioni con Luciana Benigno, che ha permesso a Franco Ramella, affiancato da uno storico del calibro di Samuel L. Baily, di pubblicare il carteggio di emigranti forse più noto grazie anche alla sua uscita in lingua inglese: One Family, Two Worlds. An Italian Family Correspondence across the Atlantic, 1901-1922. Si tratta, come è noto, del carteggio della famiglia Sola, incontrato da Ramella nel corso della ricerca Biellesi nel mondo.
Paola Corti