Come molti italiani e italiane, sono nipote di un emigrato. Da bambina mi domandavo sempre perché quel nonno misterioso se ne fosse andato a lavorare all’estero, non riuscivo a immaginarlo in quel paese del Sudamerica: non l’avevo mai conosciuto. Sapevo solo che negli anni cinquanta lui e il fratello avevano lasciato il loro negozio da barbiere ed erano andati a cercare fortuna altrove. Perché se n’erano andati dall’Italia se avevano un lavoro? Come potevano aver abbandonato mogli e figli? La ragione che spinge un emigrante a emigrare è sempre la stessa: la costruzione di un futuro, per sé e per i suoi figli. Gli emigranti sono persone che barattano il loro presente, lasciano sicurezze, famiglia, patria. Pazzi? Disperati? Non necessariamente.
Dal nostro paese sono partite varie ondate migratorie, la prima tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, la seconda negli anni trenta e un’altra negli anni cinquanta. Per un totale che oscilla tra i 26 e i 29 milioni di partenze, dal 1896 al 1973: quello italiano è stato il più grande esodo della storia moderna.
L’ultima ondata migratoria è cominciata nel 2007-2008, in coincidenza con la crisi economica e finanziaria. Secondo Delfina Licata, curatrice del Rapporto italiani nel mondo 2014 redatto dalla fondazione Migrantes, oggi “partono anche i ‘talenti semplici’, quelli che mettono a disposizione le loro capacità intellettive e operative al servizio di qualunque paese che li valorizzi come persone e lavoratori. Quello che fa la differenza, dicono molti emigrati, è la meritocrazia: ciò che l’Italia non ha saputo dare loro”.
Se fino a qualche tempo fa l’attenzione dei mezzi d’informazione si è concentrata quasi esclusivamente su professionisti laureati e ricercatori, i cosiddetti “cervelli in fuga”, oggi c’è un nuovo picco di crescita degli espatri e l’emigrazione è diventata più varia: per la maggior parte se ne vanno ancora gli “altamente qualificati” soprattutto in Asia, ma oggi emigrano anche semplici “braccia in fuga”. Inoltre, la gente ha cominciato a emigrare anche e soprattutto dalle regioni del nord, come Lombardia ed Emilia-Romagna, non solo dal sud. Infine, rispetto a qualche anno fa, partono anche nuclei familiari, non solo singole persone.
Secondo i dati raccolti da Migrantes (sulla base dei dati dell’Anagrafe italiani residenti all’estero, Aire) nel 2014 sono emigrate 90mila persone. Ma il dato è in continua crescita. Nella storia, i paesi con più oriundi italiani sono, nell’ordine, Brasile, Argentina e Stati Uniti. Oggi non è cambiato moltissimo, anche se l’Asia sta emergendo tra le destinazioni dove si riscontrano le variazioni più interessanti per gli anni 2013-2014: l’Italia continua a guardare a oriente e, in particolar modo, alla Cina (+876 persone), a Singapore (+458), alla Thailandia (+391) e al Giappone (+295).
Tratto da Internazionale, 24 maggio 2015
http://www.internazionale.it/reportage/2015/05/24/perche-gli-italiani-ricominciano-a-emigrare