Pietro Pinna, Migranti italiani tra fascismo e antifascismo. La scoperta della politica in due regioni francesi

Bologna, Clueb, 2012, pp. 391, € 27.

In questo lavoro importante, Pietro Pinna tratta l’intreccio tra processi migratori e forme varie di socializzazione politica dei numerosi gruppi di migranti italiani appprodati in Francia, lungo un arco cronologico, che va dal primo apparire delle squadre fasciste nella pianura padana fino alla dichiarazione italiana di guerra alla Francia il 10 giugno 1940. Per condurre la sua analisi, l’autore ha giudiziosamente adottato la scala regionale. Le due regioni individuate, la Lorena mineraria e siderurgica da un lato e il Sud-Ovest agricolo aquitano e pirenaico dall’altro, sono sufficientemente importanti perché i fenomeni ivi riscontrati possano avere una valenza che oltrepassi le specificità locali, ma sono anche fornite di quella inconfondibile personalità storico-geografica che permette di apprezzare nel loro giusto valore il peso dei contesti nella determinazione dei ritmi e delle forme delle traiettorie migratorie.

Nei sei capitoli in cui la materia è distribuita, Pinna tratta, nell’ordine, il diverso atteggiarsi delle forze politiche antifasciste italiane – comunisti, socialisti, democratici – nei due diversi contesti, le vicende di due associazioni alla frontiera dell’assistenza e della politica, come la Lega italiana dei diritti dell’uomo (lidu) di orientamento prevalentemente socialista e l’Unione Popolare Italiana (upi) a egemonia comunista, l’intensa attività della rete diversificata di organismi e istituzioni fagocitate dal regime per controllare le attività degli immigrati italiani e soprattutto intralciare i loro percorsi di francesizzazione, il sottobosco incredibilmente ricco dell’associazionismo immigrato (a lungo sospeso tra la ricerca di spazi di socializzazione lontani dalla politica e l’incapacità di sottrarsi alle mire egemoniche vuoi del regime vuoi delle formazioni politiche antifasciste), il sindacalismo e, infine, le varie forme di cooperative e associazioni di tutela economica dei lavoratori.

Il libro che ne risulta ha indubbiamente dei difetti. Alcuni sono solo in parte imputabili all’autore: assenza di un indice dei nomi che ne rende praticamente impossibile la semplice consultazione, mancanza di un apparato bibliografico, così come di una presentazione delle fonti archivistiche – tanto francesi che italiane – che non solo renda giustizia alla straordinaria ricchezza dei riferimenti, ma permetta anche di orientarsi ad un lettore reso tanto più perplesso dalla foresta di sigle e abbreviazioni per le quali una lista di chiarimento sarebbe stata la benvenuta.

Si tratta, tuttavia, di difetti secondari che nulla tolgono al valore d’insieme della ricerca. Di questa occorre sottolineare l’importanza. Certo, il campo esplorato non era una terra incognita. In questi ultimi trenta anni, tanto l’esilio antifascista in Francia quanto l’emigrazione economica così come le loro molteplici interazioni – anche al livello delle due regioni prese in considerazione – sono stati ampiamente scandagliati da storici italiani e, soprattutto, francesi (S. Bonnet, P. Guillaume, C. Maltone, G. Noiriel, M. Rouch, L.Teulières ed E. Vial sono i primi nomi che vengono in mente). Da un lato, tuttavia, molti di questi lavori non hanno raggiunto il pubblico italiano, dall’altro Pinna padroneggia perfettamente questa letteratura, con una sola inspiegabile assenza nei riferimenti bibliografici: l’autobiografia di Lidia Campolonghi, la figlia del presidente della lidu. È anzi grazie al fatto che si può appoggiare su tale letteratura, integrata con un ricchissimo materiale proveniente da archivi sia italiani sia francesi, che l’autore può andare oltre le conclusioni degli studi precedenti.

Due mi sembrano, rispetto a quanto finora noto, gli apporti più innovatori di questo lavoro. In primo luogo esso documenta, con dovizia, pezze di appoggio archivistiche e di altra natura, l’incredibile varietà degli spazi di socializzazione intermedi tra la politica vera e propria e la vita quotidiana – tempo libero, attività sportive, organizzazione delle attività economiche, miglioramento delle condizioni di lavoro – offerta dalla grande ricchezza di associazioni di volta in volta solo italiane, solo francesi o, più spesso, italofrancesi. Tali spazi, tuttavia, ed è questo l’altro grande apporto della ricerca, furono a lungo contesi da una presenza intrusiva di un attivismo del regime e delle sue molteplici diramazioni che, fino al tracollo della vigilia della guerra, seppero mostrarsi estremamente efficaci e capaci di mantenere nella propria orbita un numero di italiani che, per quanto mai maggioritario, si rivela di proporzioni ben superiori a quanto ammesso fino ad un’epoca recente. Il peso rispettivo dei contesti locali così come quello della congiuntura politica generale nel determinare il senso e la direttrice dei vari processi di socializzazione – talvolta nel senso di un’integrazione al paese d’accoglienza talaltra in quello della riattivazone di discriminanti tipicamente italiane – viene individuato con discernimento. Resta, in conclusione, una sola riserva: la condividibile attenzione per i contesti locali spinge talvolta l’autore a lasciare un po’ nell’ombra il ruolo persistente dei contesti regionali, così come delle culture politiche, di provenienza dei migranti.

 

Antonio Bechelloni (Université Charles de Gaulle, Lille)