Giuliana Muscio, Joseph Sciorra, Giovanni Spagnoletti and Anthony Julian Tamburri, eds., Mediated Ethnicity. New Italian-American Cinema

New York, John D. Calandra Italian American Institute, 2010, pp. 299, $28.

 

Versione inglese del precedente Quei bravi ragazzi (Marsilio, 2007) curato dai soli Spagnoletti e Muscio, il presente volume si arricchisce di due nuovi curatori (Sciorra e Tamburri), andandosi a inserire nel sempre più numeroso gruppo di studi dedicati nel nuovo millennio alla cultura italoamericana. Oltre ai lavori di critica letteraria – basti citare Marazzi (2001) e Durante (2001 e 2005) – va registrato come negli ultimi anni sia emerso un notevole interesse nei confronti dell’esperienza culturale italoamericana a più ampio raggio, con analisi interdisciplinari che hanno toccato il campo dei food studies (Cinotto 2001), degli studi sulla diaspora (Choate 2008, Guglielmo e Salerno 2003 e Gabaccia 2000), del folklore (Sciorra 2010) e, naturalmente, del cinema. In questo contesto, il presente volume ha il non trascurabile pregio di ospitare ricerche condotte sia da studiosi italoamericani che italiani, a conferma della crescente attenzione che questo tema continua a riscuotere anche in Italia (come testimoniato dai numerosi convegni dedicati all’emigrazione e agli autori italoamericani, oltre alla proliferazione di musei dedicati all’esperienza dei migranti italiani).

La prima parte del volume, «Defining Italian-American Culture», illustra i parametri dell’esperienza italoamericana entro i quali questa ricerca intende muoversi e ospita cinque saggi in cui, dopo un paio di digressioni informate e stimolanti sul tema del pregiudizio culturale e, talvolta, etnico (si vedano in merito gli interventi di Franzina e Luconi), si passa a trattare contenuti in apparenza estranei al discorso cinematografico, ma che in realtà – grazie alla profondità d’analisi degli interventi in questione – contribuiscono a fornire un quadro d’insieme assai utile toccando ambiti legati alla letteratura (Pettener e Gardaphé) e al teatro (Aleandri).

La seconda e più corposa parte del volume, dal titolo «Italian-American Cinema», contiene invece diciassette saggi ed è dedicata interamente al cinema. Protagonista dei primi due contributi è la citta di New York, che nello studio di Giuliana Bruno è al centro di un ardito, ma ben argomentato paragone con la città di Napoli; mentre in quello di Giorgio Bertellini rappresenta lo sfondo lungo il quale si dipana la rappresentazione cinematografica di molti italiani dall’epoca del muto sino ai giorni nostri. Il secondo gruppo di interventi è dedicato invece all’analisi delle opere dei registi italoamericani. Robert Casillo si concentra sui film di Scorsese, Coppola, De Palma e Ferrara, mentre Vito Zagarrio legge alcune pellicole di registi come Cimino, Tarantino e Turturro alla luce del tema della nostalgia. Anton Giulio Mancino analizza l’esperienza dei molti italoamericani che, pur essendosi affermati come attori, non hanno poi disdegnato a un certo punto della loro carriera di passare dietro la macchina da presa, individuando ben tre generazioni di «dir-actors». A seguire, il saggio di Anna Camaiti Hostert si rivolge al cinema italoamericano al femminile, offrendo un’attenta lettura di alcune pellicole di Nancy Savoca e di Marylou Tibaldo-Bongiorno; laddove quello di John Paul Russo s’interroga sull’autenticità che emerge nelle pellicole realizzate da autori italoamericani rispetto a quelle realizzate da registi anglosassoni. Ad analisi più tematiche è rivolto invece il terzo e ultimo gruppo di saggi contenuti in questa seconda parte del volume. Di etnicità si occupano George De Stefano – attraverso l’analisi di A Bronx Tale (De Niro, 1993), Nunzio’s Second Cousin (De Cerchio, 1994) e Two Family House (De Felitta, 2000) – e Veronica Pravadelli, con una brillante serie di osservazioni sull’identità e la soggettività femminile nell’ambito della cultura italoamericana. Lo studio di Jacqueline Reich, dedicato invece alla serie Rocky, non manca di rilevare la portata innovativa dei film di Stallone nell’ambito del genere pugilistico. Ilaria Serra, nell’analizzare la rappresentazione cinematografica spesso stereotipica della famiglia italoamericana, ci ricorda come, nonostante tutto, «ethnic identity is not simply handed down and unquestioned, but chosen and re-chosen by each individual who reinforces and/or rejects some of its various aspects» (p. 189). All’esplorazione di cibo e musica nella rappresentazione filmica dell’italoamericanità sono dedicati i saggi di Simona Frasca e Alessandra Senzani, mentre nei due saggi che seguono, Anthony Julian Tamburri e Giuliana Muscio affrontano due ambiti spesso ignorati dalle analisi sul cinema italoamericano. Tamburri propone un’analisi accurata di alcuni video musicali (Like a Prayer e Justify My Love di Madonna) e cortometraggi (Che bella famiglia, Diane Federico, 1994; Touch, Dina Ciraulo, 1994; e Tiramisù, Len Guercio, 2002) nei quali sottolinea come «the conventional themes of Italian/American history are revisited through different lenses» (p. 239). Muscio si occupa invece della notevole produzione documentaria da parte di registi italoamericani (tra gli altri, Di Lauro, Norelli, Calamandrei e De Nonno). Il penultimo saggio, a cura di Silvia Giagnoni, propone una dettagliata, ma scorrevole analisi dei più importanti personaggi italoamericani che affollano il piccolo schermo, la quale – oltre ad avere il pregio di andare oltre i Sopranos, su cui tanto è già stato detto – offre importanti annotazioni su caratteri la cui italoamericanità è ovvia (come il Raymond di Everybody Loves Raymond), ma anche su show in cui quella stessa italoamericanità è vista dall’esterno (dai Simpsons a Family Guy). Il volume si conclude con il contributo di Antonio Valerio Spera, un’ulteriore e utilissima risorsa per meglio orientarsi nel variegato panorama di nomi e date del cinema italoamericano.

Ben scritto e altrettanto ben organizzato, Mediated Ethnicity si rivela un libro assai interessante e con numerose prospettive critiche degne di nota. Il riferimento all’ambito teatrale e letterario contenuto nella prima parte del testo, ad esempio, oltre ad essere ben argomentato e contestualizzato, si rivela una scelta vincente perché fornisce a questo lavoro collettaneo uno spettro d’analisi che – oltrepassando il mero campo cinematografico – dà un respiro più ampio al discorso sull’italoamericanità. La ricchezza e la varietà dei numerosi contributi che compongono Mediated Ethnicity rendono inoltre questo volume un riferimento importante per ulteriori ricerche accademiche nell’ambito degli studi italoamericani e di quelli sul cinema, oltre che un prezioso strumento didattico (ideale per un corso introduttivo ma, vista la complessità di alcuni saggi, utilizzabile anche per un corso avanzato).

 

Fulvio Orsitto (California State University, Chico)