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Senza lavoro, precari, creativi ed indignati. La nuova emigrazione giovanile italiana a Berlino.

Esce sul sito del Corriere d'Italia l'intervista di Gherardo Ugolini ad Edith Pichler,  sociologa e docente all´Institut für Wirtschaft und Sozialwissenschaften dell´Universitá di Potsdam, che da anni si occupa delle questioni connesse con l’immigrazione italiana. Dopo la pubblicazione del suo ultimo saggio sulla nuova immigrazione italiana a  Berlino, la studiosa spiega le peculiarità del fenomeno dei "nuovi mobili". 

Ultimamente si osserva una ripresa dell’emigrazione italiana, quali sono le mete preferite di questi nuovi migranti?

Secondo i dati dell’Istat nel 2011 l’Italia ha registrato nuovamente un saldo migratorio negativo. Negli ultimi dieci anni il numero dei giovani emigrati è più che raddoppiato e fra questi è elevato il numero di persone con un titolo universitario. La loro quota è salita dall’11,9% nel 2002 al 27,6% nel 2011, mentre la quota di persone con il titolo di licenza media è sceso dal 51% al 37,9%. Le mete di questa nuova emigrazione sono sostanzialmente le stesse del passato: Germania, Svizzera, Inghilterra e Francia. La nuova mobilità contribuisce ad una continua pluralizzazione della comunità italiana in Germania. Un altro fenomeno è che la forte forbice fra immigrazione femminile e maschile si sta riducendo rispetto al passato e in alcune realtà come Berlino, meta preferita della nuova mobilità italiana, la presenza femminile fra la fascia di età 20-30 anni già nel 2010 ammontava al 51% delle presenze.

Ma chi sono i cosiddetti “nuovi mobili” e perché partono?

La mobilità fa parte oggi dell’Europa e anche i cosiddetti “nuovi mobili” si muovono in questo contesto. I nuovi immigrati provengono sia dalle zone del benessere del Nord e Centro-Italia, sia dal Sud. Per alcuni di loro la partenza è una decisione volontaria per “scappare” anche da un certo provincialismo; ma per altri, specialmente per giovani provenienti dalle regioni meridionali la mobilità rappresenta una specie di costrizione. Dai dati Istat sappiamo che nel gennaio 2013 il tasso di di-soccupazione giovanile in Italia è arrivato a quota 38,7% con punte che nelle regioni meridionali superano il 50%.

Dunque si emigra per necessità, per cercare un lavoro, proprio come accadeva nelle precedenti generazioni?

Recentemente il Centro Altreitalia di Torino ha presentato i primi risultati di un’indagine online fra persone che sono emigrate dopo il 2000. Ebbene, secondo i dati raccolti, i motivi principali per l’espatrio sono: ricerca di lavoro, studio e miglioramento della qualità di vita. Ma anche la situazione attuale del Paese è una causa della mobilità: un Paese considerato in base alle risposte “allo sfascio”, “senza prospettive”, “ingiusto”, “corrotto e senza senso civico”, con cui “non ci si identifica più”. Sono più o meno le stesse risposte che ho riscontrato anch’io durante la mia ricerca sui giovani mobili a Berlino. Quasi tutti gli intervistati collegano con la loro decisione di partire la speranza in un futuro e in una qualità di vita migliori. Anche i quattro casi esemplari che ho presentato condividono tali aspettative, partono per interesse culturale, per specializzarsi, per poter svolgere un lavoro adeguato alla loro professione, per vivere dignitosamente e venir rispettati.

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