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Jean-Igor Ghidina et Nicolas Violle, Récits de migration. En quête de nouveaux regards. Études réunis et présentées

Clermond-Ferrand, celis, 2014, pp. 334, € 16.

Questo volume collettaneo è frutto di una ricerca a carattere interdisciplinare, «Migration et Intergénération», promossa dal celis, Centre de recherches sur les litératures et la sociopoétique di Clermond-Ferrand. Durato diversi anni, lo studio si è posto l’obiettivo di analizzare i racconti di emigrazione nelle loro articolate espressioni. Per questo i contributi pubblicati – che prendono in esame sia la narrazione della storica emigrazione europea sia quella della più recente immigrazione straniera – spaziano dalle varie forme di letteratura al romanzo, dal teatro alla poesia, dalla scrittura autobiografica a quella giornalistica, al racconto mediatico in genere. Centrata inizialmente sul caso italiano, ritenuto una sorta di modello per individuare gli elementi di un vero e proprio genere letterario, la ricerca si è poi ampliata ad altre culture. Nel libro, composto di quattordici saggi oltre all’introduzione di Nicolas Violle e alle conclusioni di Jean-Igor Ghidina, gli scritti che non riguardano l’Italia sono infatti solo cinque. Tra questi il primo («L’émigré ce heros») è un inquadramento del tema, in cui Isabelle Felici formalizza le tappe del percorso migratorio tracciato nei racconti di emigrazione e individua le costanti che caratterizzano sia la fase iniziale (partenza, viaggio, arrivo) sia l’insediamento nel nuovo paese (l’assenza, il «bagaglio», gli scambi, il ricordo/oblio). Altri due sono mirati sulla Francia e prendono in esame da un lato l’evoluzione dei contenuti delle trasmissioni televisive dedicate alle migrazioni sub-sahariane dai canali tv5 e France 24 (Nathalie Negrel) e dall’altro il racconto autobiografico («Le Gone du Chaâdb») di un giovane scrittore maghrebino francofono (Azouz Begag), inquadrato da Lila Ibrahim-Lamrous nel più vasto quadro della letteratura dell’immigrazione in Francia. Due esperienze storiche di migrazioni europee sono l’oggetto dei restanti saggi che non riguardano l’Italia: il tragico e poco studiato esilio della popolazione tedesca dalla regione dei sudeti dopo il 1945 è ripercorso da Jessica Moreno-Bachler attraverso il romanzo Les Inachevés, di Reinhard Jirgl, pubblicato in Francia nel 2007, mentre Karine Payre si concentra sull’emigrazione di lavoro degli spagnoli in Germania, proponendo la lettura di alcuni romanzi, dai quali emergono continuità e trasformazioni nella rappresentazione letteraria dell’esodo degli spagnoli nel 1960 e nel 2000.

Nel più nutrito corpus degli scritti sull’Italia si contano due riflessioni d’insieme che fanno il punto sulla recente produzione letteraria della migrazione nel nostro paese. Daniele Comberiati («La langue des autres») passa in rassegna i testi pubblicati nell’ultimo ventennio, mettendo dapprima a fuoco la ricezione degli scrittori migranti nel contesto letterario italiano e le problematiche relative alle seconde generazioni, soffermandosi poi sulle caratteristiche della produzione postcoloniale italiana per confrontarla con quella di altre tradizioni europee. A conclusione del puntuale e aggiornato excursus, Comberiati esprime le sue positive valutazioni sul ruolo di stimolo che la scrittura migrante può svolgere nel patrimonio linguistico dell’Italia nel suo complesso. Maria Grazia Negro disegna il profilo dello straniero che emerge dalla letteratura italiana contemporanea, illustrando poi i risultati di una ricerca comparativa condotta con Maria Cristina Mauceri, dell’Università di Sidney, su circa cento opere letterarie della migrazione pubblicate dopo il 2009. Da tale indagine risaltano tre tipologie di straniero prevalenti, sulle quali si concentrano le pagine del suo scritto: «l’integrato», quello che è «sul punto di diventarlo» e il «clandestino» (dal semplice irregolare al criminale, alla prostituta, a quello entrato nel vortice della psicopatologia).

Gli altri saggi sull’Italia sono centrati su singoli autori e opere, sulle rappresentazioni giornalistiche del mondo migrante di Lampedusa, su una singolare esperienza teatrale, su testimonianze autobiografiche scritte e orali: le inedite poesie e canzoni bilingui (italiano e francese) del marchigiano Pietro D’Ostra sono l’oggetto di un saggio di taglio filologico e interpretativo di Perle Abbrugiati; «Il dispatrio», l’opera in cui Luigi Meneghello ripercorre la sua lunga esperienza in Gran Bretagna dopo il 1947, è studiato da Lucrezia Chinellato come esemplare forma di scrittura volta alla scoperta dell’altro e alla comparazione dell’alterità con la propria cultura di origine; il viaggio di emigrazione è analizzato da Cristina Vignali nelle descrizioni, nelle metafore e nelle suggestioni presenti negli scritti di Erri De Luca; mentre Erik Pesenti Rossi si concentra sui racconti di emigrazione di due autori calabresi, Fortunato Seminara (emigrato in Piemonte, dalla provincia di Reggio, nel 1908) e di Francesco Perri, emigrato a sua volta in Svizzera e in Francia tra il 1930 e il 1932, ma rientrato poi nel suo villaggio di origine, nella stessa provincia di Reggio Calabria; Chiara Mengozzi illustra un’interessante operazione teatrale interculturale messa in atto in Romagna con il coinvolgimento di italiani e senegalesi. Gli stessi curatori del volume, infine, sono gli autori di due saggi sul caso italiano: Nicolas Violle fornisce un ampio profilo quantitativo e qualitativo della tragica e composita realtà di Lampedusa attraverso il data base di 1181 articoli pubblicati dal giornale «la Repubblica» tra il 1992 e il 2010, mentre Jean-Igor Ghidina si concentra sulla storica emigrazione italiana in Argentina, leggendo le testimonianze autobiografiche dei friulani attraverso il corpus di scritture di un immigrato partito nel 1951 e i racconti orali di tre protagonisti (lo stesso autore delle scritture, Mario De Luca, il fratello Luciano, entrambi rappresentanti della prima generazione, e Francisco Rupolo, nato e scolarizzato nel paese sudamericano).

I saggi sono ripartiti nel volume in quattro sezioni dedicate rispettivamente alla dimensione collettiva dell’emigrazione nel secolo ventesimo, al mélange di civiltà e di culture, alle rappresentazioni fossilizzate e alle crisi identitarie, alla rinnovata letteratura volta verso l’individuo e la «polifonia» e, infine, alla polifonia come legame intergenerazionale e spazio-temporale. Si tratta di percorsi, come conclude Nicolas Violle nella sua introduzione, che convergono sostanzialmente in uno solo: quello che permette di leggere i récits della migrazione come una forma particolare di récit nel quale si coglie la ricorrenza di «temi, figure e forme di scrittura convergenti».

Paola Corti

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